UN PO’ DI FEBBRE/ L’economia del nostro Paese ‘filtrata’ dall’ideologia tedesca…

Mi piace insinuare il sospetto. Circolano voci curiose sul nostro conto, secondo le quali, ammesso fosse vero, avremmo un debito pubblico che sfiora i duemila miliardi e una ricchezza pro-capite che è quattro volte tanto. Un’anomalia, scrivono gli osservatori economici, che non ritengono quasi possibile che una nazione sia povera e i suoi abitanti ricchi, giustamente.

Un reato, gridano i tedeschi, che ragionando in modo elementare (l’unico modo che conoscono) ritengono il fatto possibile solo per una ragione: quello che manca all’Italia è nelle tasche degli italiani. Ossia è il frutto del mancato versamento delle tasse, quindi dell’evasione, se non addirittura di furti veri e propri protratti negli anni. Idea talmente convincente, e tanto irresistibilmente ariana, che è stata fatta propria dal nuovo esecutivo al punto da diventare il fulcro del tentativo di risanamento.

Ecco a proposito l’affermazione del prof. Pinco, ministro, o sottosegretario, poco importa: “E’ ora che le imprese si rassegnino a metterci del proprio”. Straordinario. Cosa definirebbe la parola “rassegnazione” secondo il prof. rassegnarsi alla schiavitù, forse?  (a destra, foto tratta da it.wikipedia.org)

E cosa il concetto di “proprio”? Certamente, qualcosa che è oltre l’impresa, perché se così non fosse l’affermazione sarebbe una contraddizione in termini, e dunque la prova inequivocabile della sua inconsistenza.

Si dice, infatti, avere un’impresa o avere una “attività”, no? Non, avere una “passività”. E questo perché la passività non produce reddito, o differenze tra costi e ricavi, mentre l’attività sì, o perlomeno, dovrebbe. Ne consegue, che, se così non fosse, il prof. ammetterebbe, incredibilmente, la possibilità che l’impresa (attività) possa definirsi anche non impresa (passività), dato che oggi parla dell’ipotesi dell’immissione nelle aziende di capitali extra fissando un nuovo status societario e creando il precedente: potrebbero esistere aziende passive, come istituzioni ammesse dal Codice Civile e Tributario. 

Non solo, ma per quanto si capisca, visto che l’affermazione del prof. riguarda ogni impresa, ogni impresa italiana, quindi tutte, sarebbe passiva. Da non credere. E allora, visto che il prof. le riconosce obiettivamente tutte passive, di fatto paventa un fenomeno sociale, e dovrebbe piuttosto affermare: “E’ ora che lo Stato si rassegni a metterci del proprio”, nel nome della salvezza nazionale, e non il contrario.

Se, invece, il “proprio” è oltre l’impresa è ovvio che prescinde dalla sanità aziendale, ossia che è un “proprio” preteso senza tenere conto del fatto che un’impresa possa essere in attivo o in passivo. Dunque l’ennesima, illegittima, insopportabile richiesta di denaro della base. Qui non si vuole il giusto, ma quello che eticamente non è dovuto. Mai.

 

 


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