Un convegno sui diritti civili durante la crisi «Colmare lo spread culturale e sociale»

Direzione diritti civili. Per uscire dalla crisi. È questo il titolo che si è voluto dare all’incontro svoltosi ieri pomeriggio nell’aula magna della facoltà di Giurisprudenza di Catania e organizzato dalle associazioni Nike, Haruka ed EqualityItalia. Al contempo è anche il messaggio che si è voluto inviare alla società e soprattutto alla politica italiana. «Troppo lontana dalla popolazione». A distanza di meno di un mese dal reitero della richiesta di un albo comunale per le unioni civili dai giovani del Pd, si torna a parlare a Catania dell’importanza di riconoscere pari diritti e opportunità a chiunque, indipendentemente dai propri orientamenti sessuali, religiosi o politici. «Un tema di tutta la società civile, se tale vuole definirsi e non solo delle minoranze che vanno tutelate» è il pensiero comune degli intervenuti tra cui Anna Paola Concia, parlamentare del Partito democratico e Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia.

I diritti civili come volàno per la crescita del paese, dunque, sia dal punto di vista sociale che economico. In un periodo storico in cui tutto gira intorno all’economia e sembra non esserci preoccupazione per altro, i diritti hanno più che mai bisogno di essere tutelati. Non sono acquisiti per sempre e spesso sono soppiantati da doveri. «È tanto in voga la parola spread, ma lo si considera solo in senso economico, quando invece c’è anche quello culturale e sociale, ma sembra che siano in pochi ad accorgersene» dice Graziella Priulla, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’università di Catania che mette anche in guardia sulla tendenza alla regressione dei diritti. E non solo: «I partiti hanno perso il loro ruolo, diventando solo espressione di parte, in uno Stato che si definisce liberale, ma che poi mette il naso dentro ogni aspetto della nostra vita, delegando alla chiesa la questione della moralità sessuale per non dispiacere il Vaticano e in nome di una unità fittizia» conclude la professoressa.

Famiglia, ereditarietà, figli, giovani, donne, Sud. Questi i temi fondamentali per la difesa dei diritti civili. «Non siamo una generazione di precari, ma una generazione precaria, incapace di pensare una progettazione a lungo termine e veniamo anche insultati per questo» dice Elena Caruso dell’associazione Nike. E analizzando la situazione delle donne parla di «mascolinizzazione del lavoro femminile» e di un legame ancora forte con la definizione di angelo del focolare, «inaccettabile». Secondo Giuseppe Catanzaro, anche lui membro di Nike, «la cultura vaticanista in Italia ha gasato il disagio sociale e di classe. Il problema omofobico, di cui si dice vittima in prima persona, non nasce solo dalla tendenza esclusivista delle persone, perché c’è un problema culturale, « di voluta ignoranza dei diritti civili».

Parlare di diritti, di uguaglianza, di pari opportunità è importante, facile da certi punti di vista, considerando anche che sono riconosciuti già dalla nostra carta costituzionale, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo una intera popolazione. Molti italiani, infatti, come i politici che li rappresentano, sono molto legati a stereotipi antichi e xenofobi. Ma «non è più il tempo del per favore» dice Aurelio Mancuso che spiega che la politica, «composta per lo più da maschi eterosessuali tra i 60 e i 70 anni, non rappresenta più nessuno». E proprio l’inamovibilità della politica rappresenta il dramma italiano più grande e in un momento di crisi come quello attuale secondo Mancuso ci sono solo due possibili risvolti: «l’arretramento dei diritti civili o l’apertura di un conflitto per erodere il potere attuale».

D’accordo Anna Paola Concia. Con la crisi economica che impone sacrifici a tutti, o almeno ai molti della popolazione media, la lotta per i diritti di tutti deve farsi ancora più serrata, «con perseveranza che non vuol dire pazienza» per usare le parole della parlamentare del Pd. Secondo Concia, il problema dei diritti «per cui siamo costretti a emigrare perché non ci vengano negati, come ho fatto io» ammette, non è solo sociale e culturale, ma anche economico. Guardando al dato di disoccupazione femminile e considerando che la popolazione donna è pari al 52 per cento di quella totale, definisce «assurda» una tale politica. «È un Paese povero e destinato al baratro quello che lascia inoccupata la metà della sua popolazione» afferma. È grande l’opera che deve essere fatta perché l’Italia possa crescere davvero. I partiti, le istituzioni e la società sono i tre cardini da scardinare, secondo Anna Paola Concia. «Serve un nuovo civismo se vogliamo uscire dal guado in cui ci troviamo» conclude.

 

[Foto di secretlondon123]


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