Lunedì scorso Cateno Patanè si era incatenato al suo distributore e aveva minacciato di darsi fuoco per i contrasti con la compagnia petrolifera. Un benzinaio di Lecce ha letto la notizia ed essendo stato vittima di un caso simile, ha rivolto al collega un messaggio di speranza. «Non si tratta di un caso isolato, ho portato in tribunale la società e alla fine il giudice mi ha dato ragione»
Un collega scrive al benzinaio di Acireale «Ci sono passato anch’io e ho vinto»
Per Cateno Patanè, il benzinaio di Acireale che il 22 settembre si è incatenato alla pompa di benzina per protestare contro la rescissione unilaterale del contratto che lo legava alla società Giap, l’aiuto potrebbe arrivare da oltre lo Stretto. Un suo collega leccese, Tommaso Sicuro, dopo aver letto la notizia ha contattato la nostra redazione e ha raccontato di aver vissuto una situazione simile a quella di Patanè: essere stato allontanato dal rifornimento dove lavorava da anni senza alcun motivo apparente: «Quando ho letto cosa stava accadendo ad Acireale – racconta il benzinaio leccese – non ho potuto fare a meno di cercare il modo per dare una mano al mio collega. Non si tratta di un caso isolato, ci sono passato anche io, ho portato in tribunale la società e alla fine il giudice mi ha dato ragione».
Nel caso di Sicuro, la sentenza risale all’estate 2013. Il giudice, all’epoca, dichiarò inammissibile la richiesta di restituzione dell’impianto richiamando il decreto legislativo n. 32/1998 in materia di razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti. Il Tribunale di Lecce ricordò che la normativa prevede che i contratti debbano rispettare gli accordi interprofessionali sottoscritti nel 1997 fra le associazioni di categoria più rappresentative a livello nazionale, pena «la nullità di diritto di ogni pattuizione contraria».
Il pensiero, in questo caso, vola al contratto che la Giap ha proposto e fatto sottoscrivere a Patanè nei mesi scorsi, un accordo che prevedeva – a detta dello stesso benzinaio – numerose clausole vessatorie, ma da cui non si poteva prescindere se l’uomo avesse voluto sperare di continuare a operare nel rifornimento. Nella sentenza del Tribunale di Lecce viene poi espressamente citata l’esigenza da parte della società proprietaria del rifornimento di rilevare una giusta causa o un’inadempienza da parte del gestore per poterne richiedere la restituzione: «Il giudice – ha commentato Sicuro – ha ritenuto pretestuosa la richiesta della società. Spero che il collega siciliano possa trovare un legale capace, così da appurare se anche nel suo caso ci siano le condizioni per appellarsi a un giudice».
Parole di speranza, invece, sono arrivate dalla famiglia di Patanè, che, saputo della disponibilità del benzinaio leccese, ha fatto sapere: «Ringraziamo di cuore il signor Sicuro. La nostra categoria di gestori di rifornimenti dovrebbe compattarsi. Sembra ovvio, infatti, che ci sia una logica da parte delle società di prodotti petroliferi a voler estrometterci sempre più dal settore. La speranza – concludono – è che anche noi possiamo vedere riconosciuti i nostri diritti. È per questo che siamo già in contatto con più di un avvocato, non vogliamo mollare». Un desiderio di tener duro legato anche alle parole del giudice della sentenza di Lecce che, parlando della necessità di assicurare una minima stabilità al gestore, sottolinea come quest’ultimo «trae dalla sua attività, con grande e intuibile sacrificio, il sostentamento per sé e per la propria famiglia».
[Foto di Cesare Schiapelli]