Con Ulisse all’inferno nelle cantine del Monastero dei Benedettini di Catania

Un uomo dal multiforme ingegno ma non troppo sveglio. Specie quando è una donna a dargli istruzioni e non lui a comandare. È un Ulisse dal linguaggio moderno quello pensato e portato dall’attore Angelo D’Agosta in una scena itinerante tra le cantine settecentesche del Monastero dei Benedettini di Catania, sede del dipartimento universitario di Scienze umanistiche. Già scenario di spettacoli ed escape room, la moderna concezione di fruizione dei beni architettonici portata avanti da Officine culturali continua con Ulisse all’inferno, adattamento del X e XI libro dell’Odissea di Omero. Una piece breve – dalla durata di mezzora -, dal ritmo incalzante e con una galleria di personaggi caratterizzati dall’attore attraverso voci e oggetti. Oltre le solite visite guidate, lo spettacolo si trasforma in un’occasione di stupore per chi non ha mai visto il ventre del monastero e in un gioco di continua scoperta per chi conosce già i luoghi.

Insieme a un Ulisse più umano che eroe, gli spettatori-visitatori vengono accolti da Circe: amante moderna che prende coscienza di non stare per perdere un granché, ma che comunque se l’è un po’ legata al dito. Seguendo il percorso sotterraneo, che ben si presta all’ambientazione infernale, si arriva così alla sala rossa, intitolata ad Antonino Leonardi, storico responsabile dell’ufficio tecnico di Unict scomparso nel 2016, che ne ha disegnato il particolare solaio a cui lo spazio deve il nome. Intanto incontriamo Elpènore, vizioso compagno di viaggio lasciato più di là che di qua di una morte poco eroica; Tiresia, l’indovino che si comporta come gli amici più sadici, esperti di spoiler; Anticlea, madre di Ulisse, portata in scena in versione signuruzza; e il rancoroso Aiace, rivale del protagonista, incapace di perdonare il bulletto Ulisse. Una galleria di personaggi che resiste ai secoli e che esce dalla vita dello spettatore così come ci è entrata: improvvisamente.


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