U mari spurtusatu del golfo di Gela Tra le trivelle dell’Eni e pale eoliche

In un’intervista al Corriere della Sera rilasciata a luglio il premier Renzi era stato chiaro. «E’impossibile andare a parlare di energia e di ambiente in Europa – dichiarava allora il presidente del Consiglio – se nel frattempo non sfrutti l’energia e l’ambiente che hai in Sicilia e Basilicata […], potrei raddoppiare la percentuale del petrolio e del gas in Italia e dare lavoro a 40mila persone e non lo si fa per paura delle reazioni di tre, quattro comitatini». Eppure sono quei «comitatini» che al momento in Sicilia hanno promesso battaglia. Tutti uniti per difendere uno specifico tratto di mare, ovvero l’insenatura del golfo di Gela. Un litorale bistrattato e poco considerato, nonostante le ricchezze archeologiche e paesaggistiche, per via dell’incombente presenza della Raffineria. E sul quale l’Eni ha mostrato decisamente di puntare attraverso ben due progetti.

Il primo si chiama Offshore ibleo ed è stato presentato nell’istanza di concessione di coltivazione idrocarburi d3G.C.-.AG al largo della costa di Licata. A parte la palese svista geografica, il decreto VIA (valutazione d’impatto ambientale) n. 149/14 sancisce, con prescrizioni, la compatibilità ambientale del progetto. Se i due pozzi esplorativi sono «a distanza di sicurezza», oltre i 20 km dalla costa, altrettanto non si può dire per le attività di coltivazione. Inoltre è prevista la realizzazione di alcuni oleodotti. Ossia una serie di trivellazioni sulle quali Greenpeace ha manifestato parecchi dubbi. Con uno studio, risalente a luglio, il cui titolo è già piuttosto esplicativo: «Come autorizzare le trivelle nel mare siciliano senza valutare i rischi ambientali e gli impatti socio-economici».

Anche la Regione Siciliana aveva dato parere negativo. Ma è stata scavalcata dall’autorizzazione, seppur con alcune prescrizioni, del ministero dell’Ambiente. Per questi motivi gli attivisti di Greenpeace presenteranno a giorni un ricorso al Tar, con l’adesione di vari comuni, associazioni e altre istituzioni. «Siamo piuttosto soddisfatti – dichiara Alessandro Giannì, direttore delle Campagne Greenpeace Italia. Purtroppo, resta il problema del signor Crocetta. Leggo che avrebbe dichiarato che dopo la VIA del Ministro dell’Ambiente non c’è nulla che la Regione possa fare. Ricordando che non sarebbe la prima volta che il signore in questione straparla, è evidente che la Regione potrebbe (come noi e tanti altri) ricorrere al TAR per bloccare un procedimento che tra l’altro la prende ampiamente per i fondelli».

Non è l’unico progetto di trivellazione a mare da parte del cane a sei zampe. Sempre a luglio, mentre gli operai gelesi lottavano per difendere il posto di lavoro dal rischio chiusura degli impianti a terra, l’Eni inoltrava la richiesta per un nuovo pozzo esplorativo denominato Lince 1, con lo scopo di individuare a mare nuovi giacimenti di gas potenzialmente sfruttabili. Anche qui coinvolti i territori che vanno da Gela a Licata.

Un tratto di mare che ormai in molti definiscono «u mari spurtusatu», visto che alle trivelle dovrebbe aggiungersi un parco eolico offshore (PEOS): 38 pale per un investimento da 150 milioni di euro, con un’altezza massima per ciascuna di 135 metri e a circa 4 chilometri dalla costa. Troppo pochi per i comitati No Peos locali, che con un’azione congiunta hanno promosso un ricorso al Tar di Palermo il quale si è espresso non competente in materia in quanto le risorse costiere e marittime appartengono di competenza ai ministeri. Proprio mentre scriviamo si attende la pronuncia del Tar del Lazio, prevista per oggi.


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In attesa che si sblocchi lo stallo per la Raffineria, l’Eni punta sulle trivelle a mare. Con una richiesta di procedura per la valutazione d’impatto ambientale che riguarda il golfo di Gela. Già interessato dal progetto denominato offshore ibleo, sul quale invece c’è l’assenso del ministero dell’Ambiente. Lo stesso litorale sul quale la società ligure Wind Mediterranean Offshore intende costruire 38 pale eoliche

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