Tutti gli spettacoli del “Tindari Festival”

di Cettina Vivirito

Ieri mattina si è tenuta alla Marina di Patti, nel giardino “111” che vanta lo spettacolo del mare con lo sfondo del promontorio di Tindari, la conferenza stampa indetta dal sindaco di Patti, Mauro Aquino, relativa al Tindari Festival, giunto quest’anno alla sua 58° edizione. Sono intervenuti gli attori Enrico Guarneri e Angelo Campolo; il regista Walter Manfrè; il cantante Marco Vito; il coreografo Pucci Romeo, oltre al direttore artistico del Festival, Anna Ricciardi.

E’ stato presentato il programma degli eventi e degli spettacoli che saranno svolti dal 25 luglio al 18 agosto, che sembrano avere un tema conduttore: “L’abbraccio”.

Apre la stagione il progetto di Santina Pellitteri Franco con il suo “Abraco”, per la regia di Salvo Tessitore, organizzato dall’Associazione “Palermo Danza”. Sei i coreografi, italiani ed europei, che si sono confrontati su questo meraviglioso tema dell’abbraccio: l’abbraccio con “l’altro”, con “gli altri”, l’abbraccio che muove i corpi, sostiene la vita o la distrugge; l’abbraccio che può trasformare la minaccia in eros, che riconcilia, che azzera il dolore, che placa l’ira. L’abbraccio che colma l’assenza d’amore, che esorcizza la guerra e fonde le antinomie in flussi vitali di umanità.

L’abbraccio a se stessi, nella solitudine, e l’abbraccio della coppia nel gioco del prendersi e del lasciarsi. Su questa traccia, come in un girotondo arcaico e visionario, si sono saldate l’energia, la perizia, il talento e lo sguardo di sei coreografi molto diversi tra loro nella scrittura e nella traduzione del proprio sentire attraverso la danza e l’uso dello spazio.

Un “abbraccio” musicale celebra il secondo centenario della nascita di Giuseppe Verdi il 30 luglio, con due eventi: il primo “Verdiana”, vedrà protagonista il corpo di ballo del Teatro Massimo di Palermo (coreografie di Giancarlo Striscia), con la partecipazione di Francesca Davoli e Riccardo Riccio; verranno eseguite, tra le altre, La Traviata, L’Aida, il Falstaff e Il Nabucco (coro: Va, pensiero); il secondo, il 2 di agosto, sarà il Concerto del Coro del Teatro Massimo di Palermo diretto dal Maestro Piero Monti che, tra l’altro, eseguirà il più raro Stabat Mater.

Tra i due eventi musicali, il primo di agosto Dimitra Mitta metterà in scena una inusuale Giocasta, che ribalta la tradizionale visione del mito di Edipo: la regina di Tebe, che a causa di una terribile profezia sposa Edipo, suo figlio, che è anche l’assassino di Laio, primo marito di Giocasta e padre di Edipo stesso, serba in sé questo temibile segreto; solo lei può intuire le manovre oscure del destino e sostenere le conseguenze delle azioni altrui; ne risulta una figura di donna forte, potente, consapevole e contemporanea, ruolo che l’attrice Caterina Vertova interpreta con la forte passionalità di cui è capace, mentre Edipo viene recitato dal giovane pattese Marco Conti Gallenti; con la regia di Stefano Molica e musiche del violoncellista Luca Pincini, di fama nazionale, dal vivo.

Il 5 agosto vedrà il debutto di “Anfitrione”, di Plauto, con Enrico Guarneri e Deborah Caprioglio, per la regia di Walter Manfrè; si tratterà di un “abbraccio” giocoso, che tenterà, come ha detto lo stesso Guarneri alla conferenza di ieri, di strappare sorrisi alla drammaticità, attraverso spiragli di allegria e demistificazione.

L’8 agosto invece con “Una sola moltitudine” di Patrizia Bellitti, Danilo Anzalone e Pucci Romeo, della compagnia Contempodanza di Patti si tornerà all’”abbraccio” corporeo della danza che ondeggiando su un palco di pietra ne metterà in evidenza l’aerea plasticità e la forte significazione, incentrandosi sul tema del viaggio inteso come bisogno di “migrare” di contro all’esigenza del “tornare”. Come scrive la stessa Bellitti, il gruppo vuole dar vita a un’indagine sullo “sdoppiamento emotivo del senso del viaggio”, come se agisse in loro l’influenza di due viaggiatori diversi e speculari: Fernando Pessoa, profondo investigatore dei sentimenti a volte con una certa ironia e viaggiatore incompiuto di viaggi fatti soltanto all’interno della sua anima, e Bruce Chatwin, viaggiatore in cammino ed esploratore solitario di mondi e culture diverse dalla propria, sperimentatore di una personale inquietudine, quella stessa di cui Pascal intravedeva l’origine nell’”incapacità dell’uomo di stare quietamente seduto nella sua stanzetta”. Una indagine che, per Patrizia Bellitti è tutt’altro che conclusa, evidenziando nello spettacolo stesso la ricerca continua di complici liberi.

Il 10, Alessandro Mannarino, cantautore romano noto per alcune canzoni oramai famose e molto amate come Statte zitta, L’amore nero, Me ‘so mbriacato, terrà un concerto per sole chitarre insieme a Fausto Mesolella, Tony Canto e Alessandro Chimienti; mentre l’11 saranno in scena Tania Tuccinardi e Marco Vito, il giovanissimo di Gioiosa Marea noto al grande pubblico per avere cantato il ruolo di Romeo nell’opera di Riccardo Cocciante, “Giulietta e Romeo”.

Il 14 sarà di scena “Aulularia”, di Tito Maccio Plauto, con Camillo Grassi e Massimo Boncompagni per la regia di Cristiano Roccamo, una delle commedie che ha maggiormente influenzato il teatro del seicento ma anche il cinema moderno: L’Avaro di Moliere è di fatto una copia dell’opera di Plauto e per il cinema il film di Totò “47 morto che parla” ricalca questo antico tema, la cui metafora è sempre quella che Plauto ha sottinteso ovvero il terrore di perdere qualcosa che si è trovato ma che non ci appartiene, metafora raccontata persino in un fumetto di Topolino, e precisamente nella storia “Zio Paperone e la pentola d’oro”.

Concludono la rassegna “Sogno d’amore ubriaco”, il 17 agosto – spettacolo che è uno studio sull’Otello di Shakespeare che inverte l’età anagrafica dei protagonisti, cercando di immaginare come sarebbe andata se Otello avesse avuto l’età di Iago e viceversa, ribaltamento che apre strade nuove e interessanti a cominciare dal contrasto giovani/adulti e che in controluce vuole raccontare un possibile conflitto tra figli e cattivi genitori; ovvero come raccontare una speranza tradita: Tradizione e Tradimento hanno la stessa origine etimologica, tradere, dal latino, consegnare, un inganno dunque nell’atto della consegna, della trasmissione.

Come ha suggerito la direttrice del Festival, Anna Rcciardi agli spettatori di questo “sogno d’amore ubriaco”, sarebbe il caso di non andare via alla conclusione dello spettacolo poiché l’alba del 18 vedrà “Comicalba” andare in scena alle 5.00, in un continuum di prevedibile grandiosa suggestione, tratto da testi di Aristofane e Plauto con Edoardo Siravo, per la regia di Antonio Silvia.

La rassegna prevede inoltre due spettacoli musicali per i più giovani che si svolgeranno fuori dal teatro antico, ovvero “I sei ottavi – tribute band di Rino Gaetano”, in piazza Marconi, a Patti, il 18 luglio, e i “Motel Connetion”, il 16 agosto, sul lungomare della Marina di Patti.

“Nonostante le difficoltà economiche” ha detto il Sindaco Aquino, “siamo riusciti ad allestire un cartellone di livello, grazie anche alla magia di Tindari che richiama gli artisti e ci facilita il lavoro”. Ha anche sottolineato durante la conferenza che gli attori e registi presenti hanno voluto esserci aderendo in maniera spontanea e totalmente gratuita. Walter Manfrè ha voluto poi fare un omaggio particolare alla magia del teatro antico e dichiarare il suo amore viscerale per la Sicilia: a dimostrazione di ciò ha cacciato fuori da sotto la maglietta azzurra una collanina d’oro con un ciondolo che porta sempre con se, a questo proposito molto significativo: l’immemore trinacria.

Il 7 agosto infine è previsto un omaggio all’attore pattese Massimo Mollica recentemente scomparso.

Questa 58a edizione del Festival di Tindari – oltre mezzo secolo di grande arte con temi sempre universali e di grande attualità – ha forse una valenza mai avuta prima: se è vero che la memoria risulta prevalentemente influenzata da elementi affettivi – come l’emozione e la motivazione, in questo presente in cui l’aspettativa di un futuro (le motivazioni) e la certezza di un passato (le emozioni) sembrano essere messe al bando, la possibilità di ascoltare in questa nuova stagione ancora il risuonare di parole antiche e spesso dolorose trascinate dal vento che scuote gli alberi, quelle parole che hanno raccontato di lutti senza fine che travalicano i normali confini per trascinare verso l’abisso gli uomini e le donne che ne sono vittime, costituisce un vero, caloroso “abbraccio”.

Tra le pietre del teatro di Tindari quelle storie sono rimaste imprigionate come da un incantesimo, supportate, non per ultimo, dal mito di Iside trasfigurata in una Madonna Nera che, a volte, ha perso la sua soavità a favore di risvolti caratteriali più spigolosi, e reduce dal miracolo di aver salvato da una malattia una bambina, la fa poi precipitare dal promontorio dove la madre l’aveva portata in pellegrinaggio e dove la donna, dinanzi a quel volto scuro di fattura bizantina, non aveva potuto fare a meno di mormorare ”vinni a vidiri una ch’è chiù laria ‘i mia”. In quello stesso momento, più in alto, nel palcoscenico allargato sul mare altre madri recitavano in coro in una lingua originaria una preghiera complicata, che dal teatro saliva alla chiesa, o forse era il mormorio della Madre Nera che scendeva ed avvolgeva le cose.

Quando il sole tramonta lentamente, incendia il mare alle spalle del palcoscenico in un crepuscolo divino. Sulla collina di Tindari ecco allora apparire Elettra, Oreste, Medea, Giocasta, un’Orchestra, un Coro le cui voci ascenzionali ci sorprendono e catturano in un “Va, Pensiero” che come un lungo brivido ci trasporta in un altrove meravigliosamente immaginario, in una eterna e profondissima suggestione.

 

 

 


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