Dopo i commenti negativi sulla città pubblicati sulla versione tedesca del sito Tripadvisor, parla Benedetto Puglisi, docente di Unict e a capo di un progetto che raccoglie dati sulle recensioni dei viaggiatori in diverse piattaforme online. Non troppo generosi con le strutture ricettive del capoluogo etneo e dell'intera isola. «Le pubbliche amministrazioni non si rendono conto che devono aumentare la loro reputazione online», spiega il professore
Turismo, l’analisi di Marketing territoriale «Catania non è una destinazione turistica»
«Catania e la Sicilia non sono destinazioni turistiche, ma luoghi, perché manca un’offerta organizzativa sistemica. Allo stesso modo, non abbiamo ancora attrazioni, ma risorse». È duro il giudizio di Benedetto Puglisi, docente di Destination Management e Marketing al master sul Turismo dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e al dipartimento di Economia dell’università di Catania, sulla capacità di intercettare turisti da parte del capoluogo etneo e di tutta l’isola. Un intervento che fa il paio con la disastrosa immagine di Catania che emerge dai racconti dei visitatori sulla versione tedesca del noto portale di recensioni turistiche Tripadvisor. E proprio su siti che raccolgono le impressioni dei viaggiatori – come Booking.com ed Expedia.it – si basano i dati raccolti da Puglisi, grazie alla piattaforma Destination Reputation, nata all’interno di un progetto tra Unict e la società che si occupa di software per l’ospitalità Evols srl.
Dalla somma delle impressioni dei turisti, le strutture ricettive di Catania città ottengono un punteggio di 8,2 su un massimo di 10, con oltre 45mila recensioni. Un dato che sale a 8,4 su circa 60mila recensioni se si considera l’intera provincia. Dove pesano in positivo performance come quella di Nicolosi, il Comune con la reputazione più alta, con 9,3 punti su oltre quattromila recensioni. Un buon dato tirato giù dal peggiore Comune: Aci Castello, con soli 7,9 punti. Tutti numeri sopra la sufficienza che non devono però ingannare. «Tra questi luoghi, contando su migliaia di recensioni, c’è un divario enorme», spiega il docente.
E anche il resto della Sicilia vive di alti e bassi. Con Palermo tra le province con la reputazione più bassa – 8,1 punti su 80mila recensioni e lo stesso punteggio ma su quasi 59mila esperienze per la sola città – e mete note come Taormina che battagliano fermandosi a un 8,45 su oltre 34mila recensioni. Al primo posto per reputazione sta invece il Ragusano – con un punteggio di 8,8 su oltre 23mila recensioni -, con picchi di eccellenza come Modica, oltre i 9,1 punti. Considerando un’altra isola come paragone, meglio di noi fa la Sardegna, con 8,3 punti su oltre 35mila recensioni. Ad essere più apprezzati dai turisti sono gli alberghi a 5 e a 3 stelle siciliani. Ai quali però non vengono perdonati un personale ritenuto non all’altezza e un rapporto qualità-prezzo non conveniente. Un quadro d’insieme che, per Puglisi, non è troppo positivo.
«Non siamo messi male, ma neanche bene. Se non migliorano i servizi, raggiungere le città con un punteggio superiore sarà un’impresa ardua – spiega il docente – E, mentre oggi si sceglie un hotel piuttosto che un altro con il metodo delle recensioni online, lo stesso si farà presto, anzi si fa già, con le destinazioni». Da cui Catania e la Sicilia rischiano di essere tagliate fuori. Ma il problema non riguarda solo i privati gestori di hotel e ristoranti. «Le pubbliche amministrazioni non si rendono conto che devono aumentare la loro reputazione online – continua Puglisi – Serve concertazione tra pubblico e privato per un piano interno che porti ad azioni di miglioramento della reputazione ed esterno per comunicarla». Una possibilità su tutte: lavorare sui social media. «Ma con un obiettivo, un’unità misurabile che ci dica se è stato raggiunto o meno, cosa che invece non si fa mai», sottolinea il professore.
Eppure di lavoro da fare ce ne sarebbe, secondo l’esperto. «Da 15 anni dico che Catania non è una destinazione turistica. Un prodotto nel mercato, per essere tale, deve avere un brand e Catania non ce l’ha. Ha il logo della città, ma non un marchio turistico riconoscibile». Come quello della Spagna, elaborato per i mondiali di calcio del 1982 e da allora mai cambiato, cita Puglisi. Che conclude: «Spesso le amministrazioni fanno proclami politici e di immagine personale, ma senza obiettivi misurabili e costruendo castelli senza fondamenta».