Dall'indagine della Dia emerge uno spaccato di degrado, minacce e sopraffazione, in cui i ruoli di vittima e carnefice si accavallano. I vertici dell'organizzazione non avrebbero esitato a minacciare una giovane che aveva deciso di ritornare sui suoi passi. In un atro caso, lo sfregio sulla faccia sarebbe stato allargato al pronto soccorso
Truffa alle assicurazioni, 50 euro per uno sfregio Tagli a una donna incinta e lesioni a un minore
L’indagine sui falsi incidenti stradali, oltre a fare luce sul giro di affari illeciti ai danni delle compagnie assicurative, ha messo in risalto un contesto sociale di sfruttamento, miseria e prevaricazione. Alcuni episodi danno la misura di questo milieu.
Un’indagata, la trentacinquenne A.C., coinvolta nel doppio ruolo di vittima di falso incidente e reclutatrice di persone in difficoltà, si sarebbe fatta sfregiare il viso con una bottiglia rotta, nonostante fosse incinta di due mesi. A questo punto entra in scena l’ex falso collaboratore di giustizia Salvo Candura, che sarebbe arrivato al pronto soccorso e, non soddisfatto dell’entità dello sfregio subito dalla donna, avrebbe infierito personalmente per procurare una ferita più larga di quattro centimetri e, in questo modo, recuperare dalla compagnia assicuratrice una cifra di denaro più alta.
In una seconda occasione, la donna campana sarebbe stata contattata da esponenti palermitani dell’organizzazione che le avrebbero proposto di utilizzare sua figlia di tredici anni. Lei avrebbe messo al corrente l’ex convivente della chiamata con la quale si prospettava l’ipotesi di utilizzare la figlia per un falso incidente per un corrispettivo di 4000 euro. In questo caso, sempre secondo quanto fatto presente alla donna dai vertici dell’organizzazione e riportato all’ex compagno, le lesioni si sarebbero dovute provocare a un braccio della ragazzina. Per fortuna, l’eventualità, che la coppia non ha mai realmente preso in considerazione, non si è concretizzata. A differenza di quanto avvenuto a un altro minore, un ragazzo di soli 17 anni.
Un’organizzazione spregiudicata che non si faceva scrupoli. E che non si fermava nemmeno davanti ai ripensamenti, come emerge da un altro episodio documentato dagli inquirenti. Un’altra donna, I.E., anche lei campana, era cascata nella rete degli aguzzini e aveva accettato di farsi ferire a una mano, salvo poi ritornare sui suoi passi. A questo punto è ancora Candura a intervenire, stavolta insieme a Maurizio Furitano, minacciandola e convincendola a farsi tagliare sulla mano. Una lesione che le avrebbe danneggiato un flessore. Tutto questo per 50 o 100 euro che a volte non arrivavano nemmeno.