Troina, inaugurata la mostra dedicata a Rubens «Dipingeva senza staccare il pennello dalla tela»

Si riaccendono i riflettori sulla Torre Capitania di Troina. Dopo aver ospitato la scorsa estate due dipinti di Tiziano, lo storico edificio normanno, fino al 31 luglio, farà da cornice a un’altra importante rassegna d’arte incentrata sulla figura di Pieter Paul Rubens e sulla pittura italiana ed europea nell’età della Controriforma. All’interno dello spazio espositivo – inaugurato ieri, alla presenza del sindaco Fabio Venezia e del professore Paolo Giansiracusa, ordinario di Storia dell’arte all’Accademia delle belle arti di Catania nonché curatore della mostra – sarà possibile ammirare la Madonna con bambino e Lot con la famiglia in fuga da Sodoma, entrambi dell’artista fiammingo e che sono esposti per la prima volta in Sicilia, Santa Caterina d’Alessandria e Sant’Agata Vergine e Martire di Scipione Pulzone, Mercurio e il boscaiolo disonesto di Salvator Rosa, San Francesco in estasi di Gherardo delle Notti, San Giovanni Battista di Luca Giordano, San Paolo in visita in carcere a Sant’Agata di Pietro Novelli, Gloria dei martiri e Gloria delle vergini di Fra Semplice da Verona. 

«Questa mostra – dichiara Venezia – conferma la volontà dell’amministrazione comunale di investire nell’ambito culturale. Oltre ad alcune iniziative collaterali all’esposizione, che saranno avviate nelle prossime settimane, abbiamo già stanziato delle somme in bilancio per incentivare il turismo scolastico e predisposto un centro informazioni per accogliere i visitatori, con uno spazio multimediale dedicato non solo alla mostra ma anche alla storia millenaria della nostra città. Naturalmente – prosegue il primo cittadino – la rassegna d’arte rappresenta l’evento culturale principale dell’estate troinese». Dieci dipinti a olio su tela, provenienti da gallerie d’arte e collezionisti privati, che si pongono in continuità con l’esposizione dello scorso anno. «La scelta di Rubens non è casuale – spiega Giansiracusa -. Con i dipinti di Tiziano abbiamo aperto all’arte della Controriforma perché la Chiesa, con il Concilio di Trento, ha voluto cambiare il suo linguaggio, il suo modo di porsi nei confronti delle comunità e l’arte diventa, dunque, il braccio armato per poter mutare i ragionamenti e la grammatica del dire. Rubens diventa l’attuatore di quelle che erano le programmazioni». 

Fine intellettuale e pittore straordinario, Rubens incentrò la sua attività artistica su un doppio binario: l’importanza della conoscenza del passato, maturata durante il suo lungo soggiorno in Italia, e il rapporto con la contemporaneità. Tratti che si ritrovano nelle sue opere, dotate di un’intensa carica edonistica, dalle quali emerge una pittura veemente e impetuosa, che gli valse il soprannome di furia del pennello. «Rubens dipingeva così come noi oggi scriviamo, non staccando mai la penna dal foglio – aggiunge Giansiracusa -. Ne deriva una pittura avvolgente fatta di tessiture curvilinee, con una pennellata vorticosa e rutilante. Uno stile unico che all’interno della mostra verrà messo a confronto con le opere di altri sei artisti, che, seppur alimentati dalla stessa corrente creativa, propongono un punto di vista differente rispetto al pittore fiammingo. Per comprendere lo spirito della Controriforma – sottolinea il docente – era necessario accostare Rubens con artisti più vicini alle idee della Chiesa, perché se da un lato l’artista fiammingo offre una pennellata più laica, libera e disinvolta, benché ispirata al Concilio di Trento, dall’altro lato ci sono artisti più irreggimentati, che stanno all’interno della regola». 

Una rassegna d’arte che non si propone, quindi, come mera esposizione di quadri, ma che offre al visitatore un percorso in cui alle vecchie conoscenze si affiancano nuove interpretazioni. «Una mostra che si limita alla sola figurazione non lascia traccia – prosegue lo studioso -. Ecco perché abbiamo inserito un’opera di Salvator Rosa, un grande paesaggista capace di recuperare fatti mitici e argomenti tipici della classicità che vengono, però, rimodulati in chiave cristiana; o la debolezza dell’uomo, rapportata al divino, che emerge dall’opera di Gherardo delle Notti; o ancora il lavoro di un siciliano, Pietro Novelli, che pur dipingendo un fatto cronologicamente impossibile, ma legato alla fantasia popolare, cioè San Paolo che visita Sant’Agata in carcere, ripropone un tema che rimane valido all’interno dei ragionamenti della chiesa. Non è, quindi una mostra cronologica – ribadisce Giansiracusa – ma un percorso artistico che procede per confronti». 

L’elemento inedito della mostra, esito del lavoro di ricerca compiuto dagli studiosi, è però rappresentato dalle opere di un artista che, alla fine del Cinquecento, ha lavorato a Troina. «Sant’Agata Vergine e Martire e Santa Caterina d’Alessandria, di Scipione Pulzone, sono la vera scoperta di questa mostra – aggiunge il professore -. Questo artista nel 1588 assunse due commissioni dalle comunità cappuccine, una per la città di Mistretta e una per la città di Troina. Pulzone crea due opere identiche, che coincidono al millimetro, eseguite con lo stesso cartone. L’opera troinese, però, nel corso del tempo, ha subito diverse modifiche, a causa di un pittore anonimo che agli inizi del Seicento ha aggiunto dei cherubini, trasformato le figure delle sante fino a sovrapporre la sua firma a quella di Scipione Pulzone. Nessuno degli storici, fino ad oggi, si era accorto che l’opera di Troina è identica a quella di Mistretta. Quindi – conclude Giansiracusa – dopo aver riesumato e offerto alla comunità scientifica due opere dimenticate, le abbiamo restituite non solo alla comunità troinese, che oggi se ne riappropria, ma anche alla memoria dell’artista e alla storia dell’arte italiana». 


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