Lo hanno deciso i giudici milanesi respingendo la richiesta della difesa di sospensione del processo, nel quale è imputato per minacce al direttore del carcere di Opera, e anche l'istanza di una perizia per valutare la capacità processuale
Totò Riina, la decisione dei giudici di Milano Il boss «è capace di intendere e di volere»
Il boss di cosa nostra Totò Riina ha la «piena capacità di intendere e di volere» e quella di «stare in giudizio». Lo hanno deciso i giudici milanesi respingendo la richiesta della difesa di sospensione del processo, nel quale è imputato per minacce al direttore del carcere di Opera, e anche l’istanza di una perizia per valutare la capacità processuale. Il Tribunale nell’ordinanza ha evidenziato che nella relazione dei medici di Parma viene scritto che il boss è «vigile» e «collaborante». La «cardiopatia» di cui soffre Riina lo «espone costantemente» al «rischio di una morte improvvisa». Si legge nella relazione dell’ospedale di Parma depositata nel processo milanese che vede il ‘capo dei capi’ di Cosa Nostra imputato per minacce nei confronti del direttore del carcere di Opera Giacinto Siciliano.
Lo scorso 27 giugno i giudici della sesta sezione (presidente Martorelli), accogliendo un’istanza dei legali Luca Cianferoni e Mirko Perlino, avevano stabilito che il carcere di Parma (Riina è in ospedale in regime detentivo) avrebbe dovuto trasmettere al Tribunale di Milano «con la massima sollecitudine», oltre alle cartelle cliniche, anche una «breve relazione sanitaria» sulle condizioni «di salute» di Riina soprattutto con riferimento alla sua «capacità di stare in giudizio». Relazione, poi trasmessa e firmata dal primario dell’ospedale Michele Riva, nella quale si parla appunto del rischio di una morte improvvisa, oltre che di un «paziente fragile» e dallo «eloquio scadente». Oggi la difesa del boss ha insistito sulla sospensione del processo milanese per l’incapacità dell’imputato di stare in giudizio. «Non capisce più e noi non capiamo cosa dice», ha spiegato il legale Perlino.
I giudici milanesi, dunque, dovevano valutare la condizione psichica del capo di Cosa Nostra e basandosi sulla relazione medica, ritenuta «esaustiva» (non c’è bisogno di altre acquisizioni o di una perizia), hanno accertato la sua capacità di intendere e volere e di stare nel processo malgrado la «età avanzata» e le «patologie». Per i giudici, in sostanza, Riina comprende ciò che succede e i processi a suo carico, mentre i difensori avevano fatto notare che oggi aveva rinunciato a essere collegato in videoconferenza per l’udienza «perché firma le dichiarazioni senza comprenderle». Il processo proseguirà il 17 ottobre con l’audizione del direttore del carcere di Opera Giacinto Siciliano, parte civile.
«La decisione dei giudici di Milano interpreta bene l’art. 70 del codice di procedura penale. Poichè Riina ha interessato molto l’opinione politica non mi aspettavo un’indipendenza di giudizio al punto da approfondire i fatti». Lo ha dichiarato l’avvocato Luca Cianferoni legale di Totò Riina, criticando la decisione dei giudici milanesi che hanno respinto la richiesta di sospensione del processo al boss. «Già è tanto – ha aggiunto il legale – essere riusciti ad ottenere le informazioni mediche prima negate, ma non si fermerà qui l’impegno difensivo».