Datato 1858, è stato riportato al suo stato originario con interventi di tipo conservativo. A curare i lavori, la bottega organaria di Giuliano Colletti. Ma sono ancora 50, solo in città, gli strumenti che hanno bisogno di manutenzione e, soprattutto, di essere suonati, spiega Franco Vito Gaiezza
Torna a suonare l’organo dell’Immacolatella Musicista: «Patrimonio culturale in decadenza»
Tornano a vibrare al suono delle note le canne dell’organo Lugaro dell’oratorio dell’Immacolatella a Palermo, risalente al 1858. È durato meno di due anni il progetto di restauro conservativo finanziato per il 65 per cento dell’assessorato ai Beni culturali e per la restante parte dalla Conferenza episcopale italiana, per un importo complessivo di circa 40mila euro. Un ritorno alle antiche atmosfere per l’oratorio a due passi dalla basilica di San Francesco d’Assisi. Ma per un obiettivo raggiunto tanti altri restano lontani, su un panorama di quasi cento organi, soltanto in città, almeno 50 necessitano di interventi. Ma anche per quelli che ritornano in attività rimane fondamentale l’essere suonati con costanza, per mantenere patrimonio e tradizione musicali vivi sul territorio.
Sono rimaste poche le botteghe organarie che in Sicilia si occupano di questo patrimonio artistico-musicale. Tra di esse, c’è quella di Giuliano Colletti a Chiusa Sclafani, Oliveri a Catania, Bovelacci a Ragusa e Cimino ad Agrigento, accreditate presso l’assessorato regionale ai Beni culturali. «Abbiamo ripristinato l’organo nel suo stato originario, nel tempo aveva subito interventi di manutenzione che lo avevano manomesso nelle sue caratteristiche – dice a MeridioNews Giuliano Colletti che ha curato il restauro dell’Immacolatella -. Si tratta di uno strumento piccolo in un unico blocco, con canne esterne realizzate per il 90 per cento in lega di stagno, mentre quelle interne sono un misto con stagno e piombo. Nella composizione all’interno dell’organo c’è anche un bellissimo flauto a cuspide – aggiunge -. Abbiamo restaurato la parte fonica e quella della cassa».
«Ci sono numerosi organi che non funzionano e altri invece restaurati che non vengono utilizzati, un dramma congiunto – spiega Franco Vito Gaiezza, musicista e organista, membro del Cos (Comitato Organistico Siciliano) nato in seno all’associazione Albert Schweitzer che da anni si batte per la tutela del patrimonio organistico -. In tutti i paese europei ci sono organisti stipendiati che suonano durante le liturgie e tengono anche i concerti extra, non esistono chiese silenti ma che si sposano con il suono dell’organo». Per Gaiezza c’è una «decadenza culturale» e punta il dito contro il conservatorio che «ha le sue colpe» in quanto non ha mai firmato un protocollo d’intesa con la Curia e così «vediamo organi suonati da chiunque».
«Ci sono delle scuole a Palermo, Trapani e Catania – prosegue – perché non dare le tribune degli organi agli studenti? Organi imponenti devono avere un proprio maestro. Certo bisogna sensibilizzare sul fronte del restauro l’assessorato ai Beni culturali, che ha cofinanziato i lavori all’Immacolatella e per questo siamo grati, ma per adesso sul capitolo i fondi sono zero». Secondo Gaiezza, rimangono ancora tanti strumenti che hanno bisogno di interventi, tra cui quello del convento dei carmelitani a Ballarò o della chiesa della Gancia. «Noi da 20 anni facciamo campagne per sensibilizzare su questo tema, basta ricordare quella che aveva come slogan Salviamo un organo: andavamo nelle chiese dove c’era uno strumento malfunzionante – conclude – e lo facevamo suonare».