Tiritì, sindaco di Motta dice sì alla discarica Di Guardo: «Ha venduto le nostre comunità»

«Settantamila persone messe sotto scacco. Quale destino infame ha deciso che tutti i rifiuti della Sicilia debbano essere abbancati qui?». Nino Di Guardo, sindaco di Misterbianco, è un fiume in piena. Ieri a Palermo si è tenuta la conferenza dei servizi convocata all’assessorato regionale all’Ambiente per discutere della sorte della discarica di contrada Valanghe d’inverno, a Motta Sant’Anastasia. La concessione rilasciata alla Oikos spa è scaduta ma, dopo l’ispezione compiuta dai tecnici dell’ex assessore Nicolò Marino, l’iter di rinnovo del decreto è stato bloccato per le gravi accuse di violazioni ambientali rivolte all’azienda della famiglia Proto. Per questo motivo il dirigente Marco Lupo ha chiesto il parere degli enti coinvolti: su tutti, i rappresentanti delle due comunità a ridosso delle quali l’impianto sorge.

La rabbia del primo cittadino misterbianchese è rivolta al collega mottese, Anastasio Carrà. «Sostenendo che altri sindaci prima di lui avevano dato il via libera, ha dato anche lui il parere favorevole», spiega Di Guardo. Ed è in quel momento che la discussione tra i due si fa incandescente, con tanto di minacce di querele. «Gli ho dato del venduto – esclama Nino Di Guardo – E gli ho detto che assieme alla sua comunità, si sta vendendo anche la mia. Lui mi ha risposto che sono un bugiardo e un pagliaccio». Qualche segnale preoccupante, racconta, era già percepibile dall’incontro preparatorio con i comitati civici No discarica avvenuto pochi giorni dopo le elezioni amministrative. «Aveva detto che avrebbe difeso il Comune. Chiacchiere! – si accalora Di Guardo – Al momento cruciale ha detto: “Io la discarica la voglio”». «Non ci sono presupposti per la delocalizzazione perché non ci sono condizioni sfavorevoli, criticità ambientali, sanitarie e di salute pubblica perché la discarica venga delocalizzata», ribatte con veemenza Carrà attraverso una nota su Facebook.

Il destino dei due centri del Catanese è legato a doppio filo. Se formalmente gli impianti di contrada Tiritì (ormai chiuso e destinato alla bonifica) e quello inaugurato l’anno scorso di contrada Valanghe d’inverno sorgono sul territorio mottese, in realtà si trovano a cinquecento metri dal centro abitato misterbianchese. «La zona è satura di biogas, non ne possiamo più – scandisce Di Guardo – Se ne devono andare». Secondo il primo cittadino ,«il problema non è il decreto in questione, ma i 40 anni che questo territorio ha dovuto sopportare. Per anni hanno lavorato fuori legge», dice riferendosi alle pesanti accuse rivolte dai tecnici regionali alla gestione della struttura chiusa. «Come mai il sindaco Nino Di Guardo, piuttosto che tranquillizzare la popolazione continua a creare allarmismi e a puntare il dito contro di me? – replica Anastasio Carrà – Come mai quando nel 2009 è stata rilasciata l’Aia il sindaco Di Guardo, allora deputato regionale (dove si legifera e si rilasciano le autorizzazioni), non si è ribellato con lo stesso foga di oggi? Forse perché ha altri interessi che io non conosco?», chiede.

Difficile stabilire come si concluderà la vicenda. Se da parte sua il dirigente Lupo ha messo in forse il rilascio del decreto, ha il suo indubbio peso il sì dell’amministrazione Carrà. Gli altri enti interpellati sono la Provincia etnea – che ha dato parere negativo, pur sostenendo il corretto funzionamento del nuovo impianto – e l’Arpa, i cui tecnici hanno chiesto più tempo per esprimersi. Insomma, riassume il sindaco misterbianchese, «non c’è stata un’assoluta convergenza né per il no né per il sì». Durante l’incontro, durato cinque ore, «ho voluto rappresentare il grido di dolore di questa comunità – prosegue – Tutti erano contro di me, dicevano che stavo facendo un comizio».

Da parte sua l’amministratore annuncia battaglia: «Impugnerò il decreto – promette – Non ci possiamo rassegnare». E lo farà anche a dispetto dell’ostracismo mostrato dai suoi stessi consiglieri comunali che hanno disertato le due sedute dedicate proprio alla questione discarica. Le basi del ricorso stanno nella distanza minima imposta dalla normativa a impianti del genere e anche alle dimensioni. Se il piano rifiuti regionale – adeguandosi alle direttive europee – parla di impianti di prossimità, «perché ci troviamo con una bomba che può ospitare due milioni e mezzo di rifiuti? – tuona Di Guardo – È illogico e sproporzionato».


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