The game of their lives

Titolo: The game of their lives.
Regia: David Anspaug.
Sceneggiatura: Angelo Pizzo.
Fotografia:  Johnny E. Jensen ASC.
Musica: William Ross.
Montaggio: Bud Smith & Scott Smith, Ian Crafford & Lee Grubin.
Interpreti: Wes Bentley, Gerard Butler, Patrick Stewart, John Rhys-Davies.
Produzione: Bristol Bay Productions/InterAl/Baldwin Ent. Group.
Origine: U.S.A. 2005.
Durata: 90’.

E se sino a questo momento comunque il livello dei film in programmazione al Teatro Antico si era mantenuta su una decente linea di galleggiamento, con questo “The game of their lives” dello statunitense David Anspaug, si è raggiunti con istantanea rapidità il “fondo del barile” della qualità cinematografica.

Non vi preoccupate, la cronaca vola in un baleno: storia della famosa partita della nazionale americana di soccer nell’edizione brasiliana del ’50 dei campionati del Mondo di Calcio, in cui miracolosamente la dilettantesca selezione a stelle e strisce riuscì a battere la ben più quotata squadra nazionale inglese.

Premettiamo che il regista David Anspaug è stato ed è certamente uno dei registi più solidi e di spessore della cinematografie statunitense. Sua infatti è stata la regia di molti degli episodi della serie cult televisiva “Miami Vice” come anche di quell’ottimo film di sottogenere sportivo che è “Colpo vincente”. Detto ciò c’è da dire che in questa sua ultima pellicola il buon Anspaug non appare certamente molto in forma come nella sue precedenti opere di stesso genere. Risulta infatti impossibile resistere ad una così imponente quantità di retorica di accompagnamento alla struttura narrativa. Oltre tutto nel suo modo di narrare le realtà culturali differenti da quella americana il regista finisce col cadere nei più classici stereotipi: così gli italo-americani che compongono i cinque undicesimi della squadra, sono immancabilmente raccontati come dei mangia spaghetti, giocatori di bocce e briscola; come anche i brasiliani sono tutti ballerini di samba (quasi surreale in questo senso la scena in cui gli americani arrivano a Rio de Janeiro e trovano un intero quartiere pieno di brasiliani che ballano senza alcun evidente motivo per farlo). La recitazione non appare particolarmente inspirata, mentre invece di valore risulta la tecnica di ripresa e la ricostruzione storica dello svolgimento delle partite. Un film in definitiva decisamente mediocre che narra  per l’ennesima volta di un tema assolutamente caro agli americani, cioè quello della possibilità di chiunque, se animato da passione e voglia di fare, di raggiungere qualsiasi risultato anche se in partenza svantaggiato. Sarebbe stato bello se Anspaug avesse narrato la storia della finale di quel mondiale del 1950, quella si partita leggendaria, in cui l’Uruguay riuscì a battere in casa la fortissima nazionale Brasiliana. Ma come si sa ad Hollywood sono sempre convinti che le loro storie siano meglio di quelle degli altri.

fonte www.nonsolocinema.com


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