Tecnis, il cda sull’interdittiva antimafia «Ampia collaborazione con la prefettura»

«Individuare il percorso più rapido ed efficace per garantire la continuità nell’attività di impresa e il rispetto degli accordi di ristrutturazione dei debiti, in corso di perfezionamento con i fornitori e il sistema bancario». Tecnis – l’azienda i cui fondatori Mimmo Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice sono finiti agli arresti domiciliari per il presunto coinvolgimento in un giro di tangenti e mazzette nei lavori pubblici dell’Anas – risponde con una nota dopo la notizia della sospensione della certificazione antimafia disposta dalla prefettura di Catania.

L’interdittiva, notificata lo scorso 12 novembre, si baserebbe su un’indagine della Dia etnea del 2014. Gli inquirenti hanno verificato subappalti e forniture di materiale e i possibili collegamenti con Cosa nostra. Le forze dell’ordine avevano effettuato alla fine di luglio 2014 alcune perquisizioni nei cantieri dell’interporto alla zona industriale e in quelli del raddoppio ferroviario nel capoluogo catanese.

«Il cda di Tecnis ha delegato immediatamente i suoi legali a rappresentare al prefetto di Catania la più ampia collaborazione», assicura l’azienda. Il consiglio d’amministrazione è stato riorganizzato dopo l’operazione Dama nera nella quale, oltre a Costanzo e Bosco Lo Giudice, sono stati coinvolti alti dirigenti dell’Anas. I due imprenditori ai domiciliari hanno lasciato il posto nel board ed è stata disposta la nomina dell’ex direttore nazionale della Direzione investigativa antimafia Tuccio Pappalardo come presidente dell’organismo di vigilanza. Per questo motivo, «avendo già avviato un processo di radicale riorganizzazione dell’azienda», la società «auspica che la momentanea difficoltà derivante dall’intervento prefettizio sia superata rapidamente, con la conferma della fiducia nel piano industriale dell’azienda». 

Il provvedimento della prefettura di pochi giorni fa è «fondato su argomentazioni coperte da segreto di ufficio e quindi non divulgabili senza incorrere in sanzioni penali», sottolineano i referenti dell’impresa. E continuano: «La prefetta di Catania ha subito manifestato grande sensibilità, comunicando alle stazioni appaltanti l’intenzione di valutare l’applicazione delle misure di commissariamento delle imprese, previste dalla legge, per garantire la continuità di funzione e i servizi indifferibili per la collettività, nonché per salvaguardare i livelli occupazionali».


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