Al Teatro Massimo di Palermo è stata creata la nuova figura del consulente con incarico operativo. Un non senso. Qualunque vocabolario della lingua italiana descrive il consulente come un professionista, il quale, interpellato, esprime pareri su materie di cui è esperto, ma non assume decisioni.
Al Teatro Massimo di Palermo (non sappiamo se lo stesso fenomeno è presente in altri Teatri lirici) i consulenti del sovrintendente svolgono al tempo stesso incarichi esecutivi, rispetto ai quali è intrinsecamente connessa la funzione decisionale, strettamente legata alle scelte operative.
A nostro parere siamo in presenza o di un abbaglio lessicale o di unincongruenza concettuale. Infatti, al Teatro Massimo, nella versione del sovrintendente, professore Antonio Cognata, abbiamo il consulente per le coreografie, Luciano Cannito, che è al tempo stesso direttore del corpo di ballo, per un compenso di 65 mila euro all’anno e, a detta degli stessi ballerini del Teatro, realizza due balletti all’anno perché il suo impegno più assiduo è rivolto alla preparazione, per la prova di ballo, dei partecipanti alla trasmissione televisiva di Canale 5 Amici.
Lo stesso discorso vale per il direttore artistico, maestro Lorenzo Mariani, il quale da consulente del sovrintendente, piuttosto che organizzare le produzioni originali del Teatro, oltre alla compilazione del cartellone, svolge in proprio la professione di regista, ottenendo lusinghieri successi a Cagliari, Torino e in ogni dove, anche se da qualche tempo ha sospeso questa sua ‘altra’ attività.
Queste ed altre amenità possono essere conosciute da chi volesse esprimere la propria solidarietà al presidio organizzato dai lavoratori del Teatro Massimo nei locali dove hanno luogo le funzioni direzionali del sovrintendente, quella del direttore artistico e quella del direttore operativo (ex segretario generale).
In queste sale si manifesta il malcontento dei lavoratori del Massimo, siano essi ballerini, coristi, orchestrali, amministrativi, coreografi, ecc. Il presidio intende manifestare pubblicamente il dissenso di tutti i dipendenti del Teatro verso la dissennata gestione del sovrintendente, professore Antonio Cognata (foto a sinistra).
Egli è, infatti, il responsabile delle dismissioni di tutto il patrimonio di professioni e di mestieri che fa del Teatro lirico di Palermo, una struttura culturale, avendola trasformata in un supermercato della rappresentazione teatrale di largo consumo, proponendo tutto ciò che il mercato propone di preconfezionato (questo giornale non ha certo mancato di sottolineare la pochezza di certe rappresentazioni).
Questa la concezione del Teatro messa in campo dal professore Cognata. Da qui lo scontro con la nuova gestione del consiglio di amministrazione presieduto dal nuovo Sindaco, Leoluca Orlando, che ieri ha apertamente manifestato al direttore del ministero dei Beni e delle Attività culturali, dottor Salvatore Nastasi, la necessità di un intervento ministeriale per il commissariamento della Fondazione, determinando in tal modo la decadenza coatta di tutte le cariche gestionali.
Nel corso dell’audizione il presidente del consiglio di amministrazione della fondazione Teatro Massimo – che a ha detto a chiare lettere che laddove il ministero decidesse di non intervenire con il commissariamento della gestione del Teatro, egli non convocherà più il consiglio di amministrazione e si autodenuncerà di tale omissione, allo scopo di determinare la paralisi della Fondazione. Opinioni non dissimili hanno manifestato all’ispettore ministeriale anche i rappresentanti sindacali.
La necessità di dover usare le maniere forti si è resa indispensabile per la tenace resistenza che il sovrintendente in carica, professore Antonio Cognata, oppone al suo allontanamento.
Comprendiamo le 360 mila ragioni che informano la resistenza di Cognata a non mollare prima della scadenza del suo mandato, fissata al 2014. Infatti, l’ex sindaco di Palermo, Diego Cammarata, in qualità di presidente della Fondazione Teatro Massimo, ha rinnovato per quattro anni, con delibera del 15 settembre 2010, atto n.5, del consiglio di amministrazione, attribuendogli un compenso annuo di 180 mila euro. Mancano due anni alla scadenza naturale del contratto e quindi dovranno maturare ancora altri 360 mila euro. Questo, sì, è un motivo congruo per resistere, resistere, resistere…
Ancora una volta siamo costretti ad ‘ammirare’ un’altra perla lasciataci in eredità dall’ex Sindaco di Palermo, il quale ad un anno dalla scadenza del suo mandato ha assegnato per i successivi quattro anni un incarico prestigioso ad un suo pupillo, prolungando in tal modo la durata della sua tragica gestione della città.
Esiste, però, un altro parametro che purtroppo non è molto diffuso né in politica, né nel sottogoverno: è la dignità personale. Se una persona non è gradita né alla gestione, né all’apparato operativo è consigliabile che ne prenda atto, convenga con gli organi gestionali la migliore soluzione d’uscita e concluda dignitosamente la propria ‘missione’, piuttosto che farsi cacciare in malo modo.
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