Scegliendo il metodo del cross-process, il fotografo palermitano immortala e restituisce un fenomeno edilizio tutto siciliano, ai limiti del legale. La curatrice Ida Parlavecchio: «Questi scenari hanno tutta l’aria di un déjàvu o di un ciò che avrebbe potuto essere»
Tabula Rasa, in mostra gli scatti in analogico di Ezio Ferreri «I pilastri di cemento hanno preso il posto dei templi greci»
Tabula Rasa: una provocazione, un invito all’azione e all’osservazione critica del paesaggio negli scatti di Ezio Ferreri in mostra a Palermo, dal 13 giugno al 4 novembre, in due spazi (ingresso gratuito): la Galleria X3 e i Magazzini di via Alloro 129. Gli scatti, realizzati in analogico, sono stati sviluppate dal fotografo palermitano in cross-process.
In giro tra le province siciliane dal 2016, Ezio Ferreri ha catturato con il suo banco ottico a foro stenopeico paesaggi urbani e suburbani, case costruite ma mai concluse tra barricate e ringhiere, cancelli chiusi ed erbacce. In mostra il racconto di un fenomeno edilizio ai limiti del legale, nato in concomitanza con il boom economico degli anni ’60. Un periodo prospero per la penisola italiana che reca rapidi cambiamenti nel Meridione: l’abbandono delle campagne, il nascere delle grandi città, l’emigrazione verso le industrie del nord.
Le costruzioni incomplete, le facciate senza intonaco, i pilastri spogli fotografati da Ferreri non sono altro che il frutto di un sogno. Gli emigrati siciliani lasciavano l’Isola con la speranza di poter tornare, dopo anni di duro lavoro, con un gruzzoletto in tasca tale da consentire loro di edificare una casa, in cui vivere con le proprie famiglie e da lasciare ai figli a venire. Cominciarono quindi a sorgere costruzioni, spesso abusive, ad uno, due, tre piani. «L’edificazione avanzava con lo stesso ritmo delle rimesse degli emigrati – spiega Ezio Ferreri – Il risultato è sotto gli occhi di tutti: periferie intere di paesi siciliani caratterizzati da costruzioni incomplete, da pilastri in cemento armato che sembrano la versione contemporanea delle colonne dei templi greci in rovina. Prospetti marcati dai buchi neri delle finestre mancanti, che hanno inghiottito i risparmi di generazioni di lavoratori».
Inserita tra gli eventi collaterali di Manifesta 12, l’esposizione è curata da Ida Parlavecchio ed Emilia Valenza. Un racconto sfocato, fuori dal tempo, che conduce l’attenzione dello spettatore sull’incompiuto. «La relazione tra abitazione e natura è una sfida continua alle regole, ai criteri e soprattutto all’estetica della congruità e aderenza tra architettura e paesaggio – spiega Emilia Valenza – se interrogarsi sul paesaggio significa innanzitutto interrogarsi sul problema dello sguardo, allora vale la pena riflettere su quale sguardo ha prevalso nei siciliani, da un certo punto della storia in poi».
La tecnica di sviluppo utilizzata da Ferreri è funzionale al contenuto della ricerca. Il cross-process, l’utilizzo di pellicole in positivo, altera in modo imprevedibile i colori della foto su cui viene applicata. Ne scaturisce un effetto particolare: l’infedeltà dei colori, l’imprecisione dei dettagli, la vignettatura dei bordi dell’immagine, a delineare l’atemporalità delle costruzioni mai finite. «Le foto di Ferreri – spiega Ida Parlavecchio – eseguite senza lenti, producono una collisione tra due ordini di realtà che offre alla visione ulteriori estensioni percettive. A ben guardare, questi scenari hanno tutta l’aria di un déjàvu o di un ciò che avrebbe potuto essere».