Syriana: tutto è collegato

Regia:  Stephen Gaghan
Montaggio: Tim Squyres
Sceneggiatura: Stephen Gaghan
Cast:  George Clooney, Matt Damon, Amanda Peet, William Hurt, Michelle Monaghan, Susan Allenback, Nicholas Art, Jay Barber, Chris Cooper
Produzione:  Warner Bros., Section Eight Ltd., Participant Productions
Nazione:  U.S.A.
Anno:  2005
Durata:  127′

L’agente segreto Bob Barnes (George Clooney) prima vende per errore una bomba ad un terrorista, poi viene incaricato di eliminare un principe Nasir che vuole modernizzare il paese, ma viene tradito dalla stessa CIA. Il principer Nasir per attuare questa modernizzazione assume l’agente di borsa Bryan Woodman (Matt Damon), sconvolto per la morte di un figlio. La politica economica che il principe vorrebbe mettere in atto una volta salito al potere, rischia di sconvolgere i giochi di potere intorno al controllo del petrolio, a danno delle compagnie statunitensi che controllano le risorse petrolifere. Della regolarità della fusione tra due di queste compagnie si occupa un avvocato ambizioso che si lascia corrompere tradendo ilsuo mentore. A causa di questa fusione un padre e un figlio perdono il loro lavoro; quest’ultimo, pieno di rabbia contro gli occidentali, si lascerà irretire da un terrorista egiziano(quello a cui Barnes aveva venduto la bomba).

Syriana non è un film per tutti, chi non segue costantemente le vicende politico-economiche e non ha un minimo di basi di storia contemporanea non capirà molto. Infatti i protagonisti del film non sono gli attori (solo così si può spiegare l’oscar come attore non protagonista a Clooney), ma i giochi di potere per controllare la più importante tra le fonti di energia: il petrolio. La pellicola sviluppa certamente tematiche importanti, ma a volte si ha le sensazione che tutto sia fatto in maniera troppo didascalico e con una distinzione tra bene e male troppo netta, senza le necessarie sfumature. Il montaggio, che interrompe e mescola continuamente le quattro storie, dà un po’ di dinamismo al film, che altrimenti potrebbe risultare lento e noioso. La sceneggiatura lascia parecchie perplessità, l’attenzione per la Storia, quella con la “s” maiuscola, fa si che ci siano delle crepe nella storia personale dei protagonisti, la loro psicologia è appena accennata e alcune delle scelte che fanno nel corso del film sembrano perciò un po’ forzate.

La cosa più importate di questo film, è il fatto che sia l’ennesimo tentativo di revisione delle recenti vicende storiche che i registi americani stanno operando in questa stagione cinematografica. Viene quasi spontaneo il parallelismo con il clima che si respirava a Hollywood alla fine degli anni ottanta. Allora la revisione storica si interessava alla guerra del Vietnam, oggi l’interesse si è spostato in Medio Oriente. Allora ecco film come Syriana, Jarhead (sulla guerra del Golfo) e Munich, che anche se ambientato nella prima metà degli anni settanta ha chiari riferimenti alla storia recente (il film si chiude in un clima di pessimismo con un’inquadratura che vede sullo sfondo il World Trade Center di New York). Alla fine degli anni Ottanta si era nel secondo mandato del repubblicano Ronald Regan, paladino della Guerra Fredda, adesso siamo nel secondo mandato Bush, paladino della lotta al terrorismo.

Potremmo continuare, ma è un discorso che porterebbe troppo lontano sia nello specifico della politica estera americana, sia se allargassimo il discorso al fronte interno che ha visto film come Brokeback Mountain, Crash, Transamerica mettere in luce alcuni dei mali e delle paure della società americana. Sembra giunto il momento, per la società occidentale, di rivedere certe posizioni, o meglio, è questo il suggerimento che viene dal cinema. 

Alberto Conti

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