Summit, campeggi e villaggi vacanze

Non c’è che dire: nell’ultimo mese chi ha guardato l’Italia dall’estero non si è annoiato. Invece della solita gazzarra politica e delle donnette nude, abbiamo visto e letto di un terribile terremoto, della solidarietà civile che ne è scaturita, delle risposte che ha saputo o tentato di dare la politica; abbiamo anche letto e riflettuto sul problema della sicurezza in un Paese ad alto rischio sismico, delle cose che non si sono mai fatte o si sono fatte male; e i siciliani all’estero avranno più volte pensato a Catania, alle scuole costruite come Report ha mostrato qualche tempo fa. Non sono state notizie facili, ma almeno sono state notizie che hanno risvegliato un dibattito a livello nazionale e una coscienza collettiva.

A combattere la noia ha contribuito anche il presidente del consiglio on. Silvio Berlusconi che ha risposto all’emergenza terremoto con fermezza e forte personalità: lo abbiamo visto ogni giorno fare il giro delle tendopoli in sobrio abito scuro, sbarcato lì direttamente in elicottero. Lo abbiamo visto abbracciare vecchie signore senza dentiera e piangere ai funerali. Lo abbiamo sentito (come non farlo? All’estero la notizia è rimbalzata dai giornali alle televisioni per poi finire subito nelle conversazioni internazionali con gli amici) consigliare ai terremotati di prendere il soggiorno in tendopoli come una gita al campeggio (e noi imbarazzati a dire che sì, in effetti, sembrava che Berlusconi quelle frasi le avesse dette davvero; e che no, in Italia l’opinione pubblica non si indigna per battute di questo genere: siamo persone simpatiche e gioiose, noi italiani; pizza mandolino e trallallà).

Dopo milioni di promesse che hanno incluso (cito a caso): l’idea che il patrimonio culturale danneggiato verrà ricostruito dagli USA; la creazione della Città Futura a l’Aquila; la disponibilità di alcune case del premier per gli sfollati (e si spera che tra loro ci sia la villa in Sardegna), è arrivata ieri la nuova notizia che ci ha tenuto incollati agli schermi: il G8 di luglio si farà in Abruzzo.

Delle motivazioni di questo folle piano non ci è stato dato modo di capire molto qui all’estero. Si dice, da un lato, che l’idea sia nata per dare dignità all’Abruzzo devastato; poi pare che la ragione invece sia risparmiare 220 milioni di euro; indi che Berlusconi non se la sentiva, in questo clima difficile, di tenere il G8 in un luogo di lusso come la Maddalena e di voler dare un messaggio di sobrietà; infine il presidente del Consiglio avrebbe affermato che l’idea sia ottima perché così i no-global non potranno disturbare, dato che l’area è già devastata (Casarini ha prontamente smentito: ci saranno proteste anche in Abruzzo).

Trovo questo programma offensivo. Per gli abruzzesi terremotati, per la Sardegna, e per l’Italia intera. Le motivazioni dietro la decisione sono così vaghe che non si riesce a non sospettare che si tratti solo dell’ennesima trovata pubblicitaria. Che vantaggio reale trarrebbero i terremotati dal G8 abruzzese, se non quello di avere un momento di celebrità, venire osservati come bestie rare nelle loro tendopoli da delegazioni che prontamente, a fine giornata, tornerebbero alle ambasciate romane? Cosa si spera di avere: più compassione dal resto del mondo, più aiuti in denaro? E se pure così fosse, ci vuole il G8 in mezzo ai terremotati per convincere i grandi del mondo?

Ci si dice che verranno risparmiati 220 milioni di euro; ma quelli che sono già stati spesi per creare alla Maddalena strutture ricettive apposite cosa sono stati spesi a fare? La Maddalena sarà pure un luogo di vacanze di lusso, ma l’impegno era stato preso e lo spostamento del G8 inciderà sull’economia della Sardegna (senza migliorare quella dell’Abruzzo). Finirà che i soldi già spesi in Sardegna saranno una specie di bonus regalato alla regione per qualcosa che si doveva fare ma non si è fatto (vedi esempio dei fondi per Catania).

Invece, parte dei 220 milioni verranno dislocati a Roma. Perché per fare un summit di questo livello in una zona terremotata, a sicurezza molto bassa, senza strutture ricettive, ci vogliono soldi e nuova organizzazione. Basti pensare a come si faranno spostare tutti i delegati da Roma all’Abruzzo ogni giorno (non crederemo davvero che Obama dorma nella caserma dei carabinieri, vero?). Questo amministrare soldi pubblici come se fossero mucchietti di fiches al casinò, gettando fumo negli occhi nel nome della solidarietà, quando invece si tratta di leggerezza bella e buona, che per giunta prende in giro una regione italiana (la Sardegna) per servirsi di un’altra (l’Abruzzo) a scopi di propaganda è ciò che dovrebbe indignare gli italiani come nazione.

Gli abruzzesi poi avrebbero ragione di indignazione massima. Viene detto loro che il G8 si terrà da loro per dare dignità alla regione terremotata; eppure senza troppi giri di parole un’altra voce afferma che la scelta è conveniente perché così anche se i no-global (e pure i Vandali tutti, aggiungo io) dovessero calare in massa, non ci sarebbe niente da distruggere. Se non è macabra ironia questa…

E quando i no-global verranno a protestare, statene certi, l’Abruzzo verrà usato come l’ennesimo paravento dietro il quale accusare gli oppositori politici di essere sciacalli senza onore. E l’Italia guarderebbe il dito del premier che accusa i protestatori e non la luna del perché ci possano essere ragioni di protestare – pacificamente – anche e soprattutto in Abruzzo contro un sistema politico che si arricchisce mandando la gente comune a vivere in case che si sbriciolano alla prima scossa di terremoto.

Con questa trovata il governo darà agli abruzzesi altri minuti di celebrità televisiva. Ma essi serviranno solo da sfondo per il grande assolo del premier – come da sfondo sono servite le loro tendopoli e le loro macerie – davanti al mondo intero. Poi quando le macchine blu dei grandi del mondo se ne andranno, e lo spettacolo circense del G8 si sarà dissolto, l’Abruzzo tornerà a essere quello che è: una regione ferita, un cumulo di cocci che non si sa quando verranno rimessi in piedi e se quando lo saranno non cadranno di nuovo al primo terremoto perché questa volta governi, amministratori locali e imprenditori si saranno finalmente impegnati a dare alle persone la certezza della serietà e della legalità nella ricostruzione.


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