Sullo scontro di civiltà

Ecco che il Mondo arabo è diventato la moda dei giornali e delle tivù. Ecco che l’Islam, sempre sbattuto in prima pagina, è diventato l’argomento preferito della stampa mondiale, su cui si dice di tutto e di più. Ad esso si attribuisce la causa dell’incomprensione tra Occidente e Oriente e tutta la responsabilità del terrorismo internazionale soprattutto dopo i tragici eventi dell’11 settembre 2001. Anzi, prima ancora, cioè dopo la caduta del muro di Berlino, il pericolo verde aveva già preso il posto del pericolo rosso.
Ma di quale Islam si tratta e di quali musulmani? Quello dei moderati o quello dei talebani? Quello della stragrande maggioranza degli arabi che corrono dietro al pane quotidiano e che chiedono soltanto di non essere perseguitati dal dittatore locale e dall’imperialismo universale, entrambi complici della sua vita sventurata, o quello di una stretta minoranza che ha scelto la lotta folle allo stesso folle imperialismo?
Dopo l’equilibrio del terrore della guerra fredda, il pianeta è diviso in due mondi che pregano Dio e praticano il terrore. Il primo si è creato un dio capace di benedire l’America e le sue bombe intelligenti portatrici di benessere e di libertà duratura anche laddove di benessere e di libertà non ne vogliono manco per sogno. Il secondo si è inventato un allah avido di vendetta e capace di benedire il sacrificio degli innocenti. Entrambi uguali bestemmiatori che hanno stracciato le migliori pagine dei loro libri sacri, ma con una differenza sostanziale: il primo è guidato da un pseudoprofeta che blasfema, da rappresentante ufficiale e legittimo di un grande paese, in nome della democrazia (o pseudodemocrazia) e della civiltà (o barbarie); il secondo è manovrato da un fuori legge clandestino, pseudoprofeta anch’esso che blasfema in nome di se stesso, dell’Islam e della sua banda.
Ma né l’uno né l’altro rappresentano rispettivamente l’Occidente e l’Oriente.
Tra mille e un oriente, un certo occidente sceglie quello che gli è più conveniente per il suo scontro di civiltà. E se non ci fosse l’avrebbe inventato per uno scontro annunciato.
Scontro di civiltà! Ma di civiltà, forse ce n’è una sola, quella di tutta l’umanità. E tutti hanno contribuito ad arrichirla e farla progredire, come tutti hanno sulla coscienza – se coscienza ne hanno – il crimine di aver sporcato le sue pagine di sangue e di cadaveri.
La memoria è volutamente corta e l’informazione è consapevolmente in malafede; manipolata e monopolizzata per nascondere la verità, per dare ragione a chi ragione non ha, per formare delle coscienze incoscienti, per avallare democraticamente l’egemonia di quel certo occidente sul resto del mondo e soprattutto sull’Oriente.
“Bayt al hikma” (la casa della scienza) fu fondata a Bagdad dal Ma’mùn che regnò dall’808 all’828, mentre otto secoli dopo, cioè nel 1600, nell’Europa soffocata dall’inquisizione, Giordano Bruno venne bruciato sul rogo perché s’interessò alla scienza.
Scontro di civiltà inventato allora ai fini dell’aggressione. Ma nonostante l’aggressione, gran parte dell’Oriente che conosce almeno una lingua e una cultura occidentali e, nonostante sia oppressa tra la tirannia dei regimi locali e l’ingiustizia della politica internazionale, riesce a distinguere tra almeno due occidenti: un Occidente amato per i suoi valori democratici, per il suo stato di diritto, per la sua tolleranza, per la sua solidarietà e anche per il suo progresso tecnologico. E un altro, odiato, che si comporta da padrone del mondo da cinque secoli e che non può nascondere la storia della sua egemonia: 1492, l’Occidente si sveglia, restituisce la Spagna all’Europa cristiana e trasforma il resto del mondo in far west. Scopre un continente, l’America, che non avrebbe mai dovuto scoprire e compie il primo vero sterminio nella storia dell’umanità. Da allora, colonialismo, sfruttamenti, espropri, saccheggi, distruzioni, uccisioni, schiavitù; poi, dopo l’emancipazione politica, neocolonialismo, neoschiavitù; fino all’imperialismo di oggi. Questa è la storia di quell’occidente che opprime, esclude, discrimina e insieme alimenta e cerca lo scontro tra civiltà.
Cinque secoli di storia con una costante: il razzismo. Razzismo come affermazione della propria superiorità e dell’inferiorità dell’altro. Superiorità che giustifica l’egemonia, avalla l’uso della forza armata per civilizzare o liberare gli altri dall’ignoranza o dalla tirannia. Il sangue e le vittime innocenti sono effetti collaterali di una missione civilizzatrice. Non importa. Sono popoli subalterni senza dignità e senza sensibilità, persino quella fisica al dolore. E poi sono ormai abituati ad essere martoriati.
Il fine ultimo di questa civilizzazione non è mai dichiarato. Ma si sa che il fine ultimo del dominio e del potere è il profitto e che il razzismo è la giustificazione culturale del privilegio, dell’aggressione e persino dello sterminio.
La superiorità, però, non è solo un lusso intellettuale. Occorreva e occorre concretizzarla con la pratica della supremazia. Altrimenti sarebbe una teoria sterile, che non produce vantaggi e privilegi. I conti della civiltà dell’avere devono sempre tornare.
Con la fine delle ideologie, l’Occidente sigilla in modo definitivo la vittoria del capitalismo come unico sistema capace di dare soluzioni a tutti i problemi. Sistema economico diventato religione universale che tutti, volenti o nolenti, devono professare. Gli USA sono stati l’unico Paese al mondo a votare contro una risoluzione dell’ONU per “il diritto di ciascuno stato a scegliere il proprio sistema economico e sociale in accordo con la volontà della popolazione senza interferenze esterne di qualsiasi genere.”
Come sono stati l’unico Paese a votare più di una volta contro una dichiarazione dell’ONU che riconosce “l’educazione, il lavoro, la salute, un’alimentazione adeguata e lo sviluppo di ogni paese come diritti dell’umanità.”
A che servono la concezione, la formulazione, la promulgazione e la difesa dei diritti, persino il diritto di essere liberi dalla fame, quello della sopravvivenza per intenderci, se il capitalismo può risolvere tutto? Per coerenza, sta smantellando ad uno ad uno anche quei diritti che si pensava definitivamente acquisiti nei paesi occidenteli.
Il cinismo del profitto e il terrorismo dell’economia portano quell’occidente, rappresentato nel suo parossismo dagli USA, ad una forma di fondamentalismo per cui, la l’economia di mercato è sacra, il denaro ha un’anima e l’etica è qualcosa di secondario. Non importa se il fondamentalismo economico di un mondo genera l’integralismo religioso dell’altro. Non importano le conseguenze: opulenza, spreco, inquinamento, ingiustizia, esclusione, povertà. Cosa sono ventiquattromila morti di fame ogni giorno? Nulla, visto che muioiono dall’altra parte e che tutto procede secondo la politica dei due pesi e due misure.
Cosa rimane allora a quell’Oriente orfano, sofferente e silenzioso, braccato nella giungla del liberismo o abbandonato nel deserto del diritto internazionale?
Cosa rimane allora a quell’Occidente che gli è amico e solidale ma che è vittima a sua volta, non dei regimi autoritari, ma degli aspetti dittatoriali di alcune democrazie occidentali e di uno spietato ordine economico mondiale?
Per quell’Oriente martoriato e quell’Occidente amico rimane la stessa battaglia per le stesse cause: il Diritto Internazionale, i Diritti Umani, la Giustizia, la Pace.


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