Successo per La ballata degli elefanti Metafora della diversità benvenuta

Ad accogliere in sala il numeroso pubblico, con evidente emozione – dettata anche dalla sua esperienza personale e familiare – è Bianca Caccamese. Ideatrice dello spettacolo La ballata degli elefanti e fondatrice dell’associazione Culture Possibili. Con brevi informazioni, illustra la progettualità che ha portato al lavoro che di li a poco sarebbe andato in scena. Lo spettacolo portato sul palco del centro Zo di Catania rappresenta infatti lo stadio finale di un progetto in diverse fasi. Un laboratorio di narrazione in cui hanno partecipato coppie di fratelli e sorelle, di cui uno con disabilità; un altro momento di improvvisazione e scrittura creativa in cui sono state individuate alcune testimonianze di questa speciale fraternità, raccolte durante la prima fase, e poi la fase dell’abile traduzione in parola teatrale diretta da Pamela Toscano.

Un palcoscenico a gradinate con una lunga passerella fino al pubblico e tra il pubblico ritrae un ambiente domestico essenziale con un’allegra e colorata carta da parati sul fondo che si scopre essere luogo di sfogo creativo dei fratelli in scena. «C’era una volta un violinista che suonava sempre, sempre la stessa musica, finché un giorno una mosca non decise di fargliene suonare una diversa…». Così ha inizio questo spettacolo. Metafora del cambiamento, della creazione della diversità benvenuta e benvoluta e non solo accettabile o tollerabile. Si alternano quadri narrativi legati tra loro da momenti giocosi e colorati in maniera accurata e attenta.

Una storia, anzi più storie di fratelli di cui uno reso speciale dalla sindrome di Down ma anche tra fratelli o sorelle definiti normali a fare intendere quanto in realtà le dinamiche familiari non siano poi tanto dissimili tra loro: gli stessi dispetti, scherzi, litigi, confidenze e slanci d’amore. Queste storie ci aprono gli occhi sulle potenzialità e le risorse del rapporto che si instaura tra fratelli di cui uno con disabilità e non danno spazio alle difficoltà psicologiche, emotive, relazionali e sociali, ci insegnano che non comporta rischio in sé, semmai occasioni singolari.

È un legame esclusivo e tenero quello che ci viene narrato tra una filastrocca, un divertissement che coinvolge il pubblico partecipe e divertito con cambi di parrucche colorate e strambi copricapo e citazioni metaforiche dantesche. «Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura…», declama, a intervalli, l’attore Massimo Gagliano, fratello speciale in scena e nella vita, per indicare i tanti ostacoli, pregiudizi e contrarietà  che si incontrano per risalire «il dilettoso monte». Sarà il sincero sostegno fraterno a indicare la giusta via per il raggiungimento di una rassicurante meta.

In scena è rappresentata una delle relazioni umane tra le più intense, il rapporto tra fratelli e sorelle: vi si intrecciano allo stesso tempo sentimenti di attaccamento, confidenza e competizione, istinto di protezione e conflittualità. Perché anche i fratelli dei bambini con disabilità incontrano nel proprio percorso di sviluppo sfide particolari, situazioni complesse e a volte faticose che rende loro stessi speciali e mai stigma sociale.

Restava un dubbio sulla scelta del titolo, metafora anch’esso o che? Tutto molto più semplice. Ha origine da un racconto di due fratelli durante il laboratorio iniziale: è una vecchia canzone dello Zecchino D’oro che ascoltavano e ascoltavano e ballavano e ballavano i due fratelli. Bravi tutti: la regista e attrice Pamela Toscano e l’attore Carmelo Motta che con gli attori speciali Giuseppe Caccamese, Massimo Gagliano e Marta Tornabene e con le musiche originali di Massimiliano Pace hanno divertito ed emozionato il pubblico presente che ha apprezzato ricambiando con sinceri e calorosi applausi.


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