Saranno processati con il rito abbreviato condizionato alla deposizione di quattro testimoni i tre giovani catanesi accusati di violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza 19enne statunitense, la notte tra il 15 e il 16 marzo 2019 nella zona di piazza Europa, al lungomare di Catania. Il gup Luigi Barone ha sospeso i termini di custodia cautelare per Roberto Mirabella, Salvatore Castrogiovanni e Agatino Valentino Spampinato che da mesi sono agli arresti domiciliari e che hanno rinunciato a presenziare.
La prima udienza del processo è stata fissata per il prossimo 9 settembre nell’aula bunker del carcere catanese di Bicocca. I testimoni saranno un’amica della vittima, quella a cui la ragazza aveva chiesto informazioni sui tre giovani e con cui poi si era sfogata la sera e che l’indomani le aveva consigliato di farsi mandare il video girato in macchina durante lo stupro; un ragazzo con cui la vittima aveva avuto una relazione, lo stesso a cui la vittima chiede, invano, aiuto la sera dello stupro; e due bariste dei locali in cui la giovane era stata quella sera. «Io ho depositato delle note difensive in cui mi sono opposta, perché le difese non hanno indicato le circostanze su cui i testi dovrebbero essere sentiti», spiega a MeridioNews l’avvocata Mirella Viscuso che assiste la vittima. Oltre a quest’ultima, a costituirsi parte civile nel processo sono stati il Comune di Catania con l’avvocata Agata Barbagallo e i centri antiviolenza Galatea e Penelope con le legali Giusy Latino e Santa Monteforte.
A Spampinato è stata contestata anche una seconda violenza sessuale. Da solo, nel sottoscala della casa dove la ragazza era ospitata alla pari da una famiglia per cui faceva da baby sitter. Lì, su una parete, erano state trovate delle tracce di liquido seminale che, dagli esami, è risultato essere di Spampinato. Era stato lui stesso a raccontarlo durante l’incidente probatorio. I legali che difendono i tre ragazzi avevano depositato diverse perizie. «Alcune sono tecniche e riguardano i file che la vittima ha inviato all’amico – aveva spiegato a MeridioNews l’avvocata Monica Catalano che difende Spampinato – poi abbiamo anche prodotto una relazione sull’attendibilità della teste, viste le diverse versioni finora fornite». L’ipotesi era stata quella di un disturbo di personalità borderline della ragazza.
Adesso, è stata l’avvocata Viscuso a depositare due consulenze che sono state acquisite dal giudice. Quella di Salvatore Bruno – specialista in Neurologia, Psichiatria e Criminologia clinica – ha passato in rassegna il documento presentato dalla difesa sull’aspetto psicologico. «Non c’è stato un momento della mia vita passata che non sono stata abusata», è questa la frase – pronunciata dalla giovane durante la parte finale dell’interrogatorio del giudice – dopo la quale viene «emessa la diagnosi di disturbo borderline di personalità». Per lo specialista, però, la deduzione sarebbe «un salto logico alquanto avventato perché non è lecito parlare di disturbo di personalità soltanto prendendo in esame un singolo comportamento».
La risposta alla relazione tecnica presentata dalla difesa arriva da Luigi Gagliano e Stefano Antonio Amico. Il punto qui sono i messaggi vocali che si scambiano su WhatsApp la vittima e l’amico a cui la ragazza ha chiesto aiuto senza ottenerlo. Un messaggio inviato dalla giovane poco dopo mezzanotte, sarebbe stato consegnato più di due ore dopo, «verosimilmente con ripristino della connessione». L’analisi dei cellulari ha però permesso di rintracciare una chat tra Castrogiovanni e Mirabella dove, oltre a condividere il video girato in macchina, a partire dalle 4.30 del 16 marzo entrambi «scherniscono la vittima con messaggi di testo e soprattutto con imitazioni vocali dal tenore denigratorio come “No, non voglio”». Quelle parole, contenute in scampoli di conversazioni registrati dalla giovane con il proprio cellulare durante quell’ora in macchina, che la giovane avrebbe più volte ripetuto ai tre ragazzi per manifestare il proprio dissenso.
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