Stuprata dal branco, al giudice il racconto dell’orrore «Chiedevo loro di fermarsi». Undici telefonate al 112

«Mentre mi violentavano io piangevo e ho chiesto loro di fermarsi in italiano, quindi erano in grado di capirmi. Hanno finito dopo un’ora». Questa è una parte del racconto della ragazza di 19 anni, proveniente dagli Stati Uniti, che ha denunciato uno stupro di gruppo subito a Catania nei giorni scorsi. Con l’accusa di avere portato avanti la violenza sessuale sono stati fermati i 19enni Roberto Mirabella e Agatino Spampinato, e il 20enne Salvatore Castrogiovanni. 

Secondo quanto riportato dall’agenzia Ansa, agli atti dell’inchiesta c’è il video dell’abuso, girato dai tre giovani – attualmente rinchiusi al carcere di piazza Lanza – nonostante la 19enne si lamentasse «mentre loro ridono e sghignazzano». Le immagini sono state recuperate dai carabinieri e acquisite dalla procura di Catania. Nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari Simonetta Ragazzi compare la ricostruzione del dramma della ragazza – che vive in Sicilia da pochi mesi, per un lavoro alla pari come baby sitter in una famiglia catanese – iniziato la sera del 15 marzo scorso durante un giro in centro.

Fra un locale e l’altro, la statunitense ha incontrato i tre ragazzi che, dopo vari drink, l’avrebbero costretta con la forza a salire sulla loro auto e per poi dirigersi nella zona di piazza Europa, sulla strada per il porticciolo Rossi. I tre al momento della violenza sessuale erano secondo il gip «lucidi e consapevoli». I giovani avrebbero fumato della marijuana, rifiutata dalla ragazza che subito dopo, chiusa in macchina, sarebbe stata abusata dal branco. «Mentre mi violentavano – ha raccontato la 19enne ai carabinieri – io piangevo e ho chiesto loro di fermarsi in italiano, quindi erano in grado di capirmi. Hanno finito dopo un’ora». Solo Castrogiovanni, riporta l’Ansa, si è avvalso della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia. Gli altri, davanti alla gip, hanno sostenuto che lei «ci stava», che certo, «era un poco brilla» ma era «tranquilla». «Affermazioni a discolpa» che per la giudice Ragazzi sono state «ampiamente smentite». Così come, aggiunge, appare «risibile e inverosimile» il non avere colto «le richieste di aiuto della ragazza». 

Una volta scattate le ricerche, gli investigatori identificano subito i primi due aggressori grazie a un video girato assieme quando erano ancora al bar. Il terzo nome arriva da controlli su Instagram. Uno di loro l’indomani le ha scritto per potersi rivedere. La ragazza ha accettato, ma con l’intento di farsi consegnare il filmato della violenza, per distruggerlo prima che finisse online. Ancora dai telefonini arrivano elementi che, secondo gli inquirenti, inchiodano Mirabella, Spampinato, Castrogiovanni. La 19enne ha inviato a un amico un messaggio con la sua localizzazione, facendo poi undici telefonate al 112 in meno di un’ora, senza però riuscire a parlare con un operatore, e una anche al 911, il numero unico americano di pronto intervento. All’amico la ragazza avrebbe inviato anche cinque audio, e in uno di questi si sentirebbero le voci in sottofondo degli stupratori. «Non posso muovermi, sono senza l’auto», la risposta del giovane.

Chiudono il cerchio le testimonianze di due baristi: con il primo i due si sarebbero vantati di quanto accaduto. L’altra racconta di avere visto la ragazza «scortata» in bagno da uno di loro, momento ricostruito dalla vittima dopo l’aggressione. I legali dei tre avevano chiesto i domiciliari e la libertà di andare a scuola e al lavoro, ma la giudice ha optato per il carcere. 


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