A Parigi, dall11 al 13 febbraio, universitari del vecchio continente (e qualcuno anche dagli Stati Uniti) si incontreranno per discutere le ragioni che li hanno portati in piazza in questi mesi. Privatizzazione e precariato, infatti, non sono solo una questione italiana
Studenti, se la protesta diventa europea
Benché le proteste degli scorsi novembre e dicembre in Italia abbiano sortito effetti contraddittori e non siano riuscite a fermare l’approvazione del ddl Gelmini, i giovani non si sono ancora fermati. Senza proclami, c’è chi sta tentando di dare una dimensione europea alla collaborazione tra studenti universitari con l’obiettivo di salvare l’istruzione, che anche nel resto del continente non gode di ottima salute.
«Credo che per poter lavorare su scala europea – sono le parole, riportate dal periodico “Diagonal”, di Claudia Bernardi, attivista romana del movimento studentesco invitata a Madrid dal collettivo “Contrapoder” – bisogna prima identificare chi si sta muovendo nelle varie università. Ogni paese ha una sua tempistica, sia nelle lotte sia nell’applicazione del processo di Bologna, ma si è riusciti a incontrarsi malgrado le differenze, aggregando per esempio studenti e ricercatori. Per questo è fondamentale creare un discorso di sedimentazione comune a medio e lungo termine, non di volta in volta in risposta a un fatto locale. È necessario avere dei momenti d’incontro per creare e condividere un progetto comune».
Un tentativo di dare una visione europea alle proteste locali lo si darà a Parigi dall’11 al 13 febbraio, quando si terrà un incontro tra differenti gruppi europei e anche americani, organizzato da Edu-Factory (un collettivo internazionale che si occupa dello sviluppo dell’università globale e delle lotte nella produzione della conoscenza). Si approfondiranno i punti in comune contro cui si organizzano i vari movimenti di protesta: la tendenza alla privatizzazione dell’istruzione superiore, il precariato, i prestiti agli studenti che pesano sul loro futuro, il welfare… L’obiettivo finale, invece, è il progetto di una rete europea che coordini le prossime proteste.
Alcuni avvenimenti delle ultime proteste hanno valicato i confini nazionali, come esempi di non violenza, come l’occupazione dei tetti in Italia; d’altro canto, hanno fatto anche il giro d’Europa le immagini degli scontri a Roma o dell’assalto alla limousine di Carlo e Camilla a Londra. Ora a varcare i confini dovranno essere gli obiettivi comuni e la solidarietà tra chi vive dei problemi sempre più globali.