Un corteo di ragazzi degli istituti superiori etnei in presidio davanti all’associazione di industriali. Al centro della protesta, la pratica introdotta dalla Buona scuola: «è solo sfruttamento a vantaggio delle aziende», lamentano i manifestanti che propongono di sostituirla con progetti interni alle strutture. Guarda le foto
Studenti incatenati davanti sede di Confindustria «Chiediamo abolizione alternanza scuola-lavoro»
Si sono incatenati all’ingresso della sede di Confindustria Catania, questa mattina, tre studenti delle scuole superiori del capoluogo etneo. È questo il gesto che, al grido di «Confindustria lascia la scuola», ha dato il via a un corteo con un centinaio di ragazzi. Partito da piazza Roma fino alla sede catanese dell’associazione di industriali. «Stiamo andando a riprendere i nostri compagni di scuola incatenati negli uffici di via Vittorio Veneto», racconta a MeridioNews Andrea, studente dell’istituto principe Umberto e attivista del gruppo Lps (Liberi pensieri studenteschi), mentre il corteo si snoda fra le vie della città.
Denunciamo l’inadeguatezza delle strutture scolastiche del territorio catanese e contestano le inefficienze del sistema di alternanza scuola-lavoro previsto dalla legge sulla Buona scuola. «È un progetto ingannevole – sostiene Andrea – che si incardina solo su un principio di sfruttamento dei giovani che ne sono protagonisti attivi». Per gli studenti, in pratica, l’alternanza prevista dalla legge 107 del 2015 renderebbe «sistematica e strutturale una forma di precarizzazione del lavoro». Stando ai racconti che fanno delle esperienze che hanno vissuto, questa pratica sarebbe a vantaggio solo delle aziende beneficiarie delle prestazioni e non apporterebbe, invece, una reale crescita personale o professionale ai ragazzi.
«Io sono stato mandato per 80 ore negli uffici dell’Agenzia delle entrate di Catania – racconta il diciottenne – Lì mi limitavo a svolgere il lavoro arretrato dei dipendenti: mettevo in ordine i documenti e trascrivevo i codici fiscali al computer». E non sembra essere andata diversamente a un’altra compagna «destinata alle attività di scaffalatura all’interno dei magazzini delle stessa agenzia. E questa non sarebbe una forma di sfruttamento?». Quello che i giovani manifestanti lamentano sarebbe l’univocità del guadagno dell’alternanza a loro completo svantaggio. Tornano poi sulle questioni più volte battuti del diritto all’istruzione e della sicurezza delle strutture scolastiche.
«Entrambi i temi – dicono – sono del tutto trascurati tanto dalla normativa nazionale quanto dagli enti locali responsabili. Per esempio, i ragazzi dell’istituto Emilio Greco non hanno un numero sufficiente di aule da disegno – denunciano – e sono costretti a lavorare sdraiati lungo i corridoi. Al Principe Umberto mancano addirittura le sedie ma l’ex provincia, a cui più volte ci siamo rivolti per spiegare il disagio in cui siamo costretti a vivere, continua a dirci che non ci sono i fondi per intervenire». Eppure, per loro una soluzione ci sarebbe: «Invece di andare tanto lontano con questo sistema dell’alternanza scuola-lavoro, potremmo essere impegnati noi stessi in esperienze pratiche direttamente all’interno degli istituti scolastici», suggeriscono i giovani ribadendo la necessità di dotare le strutture di laboratori efficienti e di strumenti tecnici validi.
Il corteo, giunto a mezzogiorno in piazza Michelangelo, si è concluso con un’assemblea alla quale si sono uniti anche i tre ragazzi prima incatenati all’ingresso degli uffici di Confindustria. «I dirigenti non ci hanno ricevuto – racconta Simon, uno dei manifestanti – ma ci hanno promesso un incontro. Non ci illudiamo sul fatto che saranno in grado di darci delle risposte risolutive – conclude – ma vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica sui disagi del mondo della scuola e porre al centro del dibattito pubblico la questione dell’abolizione dell’alternanza scuola-lavoro e dell’inadeguatezza delle strutture scolastiche».