Dopo le opere di bonifica in superficie sono già emersi alcuni oggetti del recente passato. Le altre stratificazioni nei giardini di palazzo Ingrassia partiranno il 4 ottobre. «L'area sarà sempre aperta a cittadini e turisti». Guarda le foto
Studenti e cittadini protagonisti degli scavi archeologici Tra reperti anni ’50 e pulizie, «scopriamo la storia etnea»
«La gente è curiosa e adesso ha la possibilità di toccare con mano cosa sia uno scavo archeologico e, soprattutto, cosa viene ritrovato. Le persone hanno sempre la voglia di informarsi e di essere a conoscenza del passato nascosto della propria città». Elvira Tomarchio non cela l’entusiasmo per l’iniziativa che la vede coinvolta insieme agli altri componenti del comitato del quartiere Antico Corso. Da maggio, insieme a Simona Todaro, docente dell’Università di Catania, gli attivisti si sono resi protagonisti delle fasi preliminari del progetto degli scavi di Montevergine. L’area interessata sarà quella dei giardini di palazzo Ingrassia, in via Biblioteca, proprio accanto al Monastero dei Benedettini. «In queste settimane abbiamo iniziato con le opere di pulizia dell’area in cui si dovrà scavare – continua Tomarchio – In tanti sono passati da lì e si sono resi disponibili. Abbiamo fornito scope e palette agli studenti che sono impegnati sul posto».
Proprio gli studenti universitari sono gli altri protagonisti degli scavi, con la possibilità di fare delle lezioni a contatto diretto con le operazioni. Palazzo Ingrassia è a pochi passi dall’area antistante la facoltà di Beni culturali. Per il momento è stata avviata la fase preparatoria, con uno scavo in superficie di trenta centimetri. «In questa fase sono stati trovati degli oggetti che risalivano a decine di anni fa – continua Todaro – C’erano molte cose che gli studenti non conoscevano, così sono stati proprio alcuni residenti che si trovavano lì a spiegare cosa fossero, come nel caso di un vecchio adattatore dell’Enel che era rimasto lì forse dopo alcuni lavori». Per la componente del comitato di quartiere, questa modalità permette ai cittadini «di appropriarsi della propria città, di sentirsi parte di un contesto e di una storia, come quella di Catania, che spesso non è molto conosciuta dagli stessi cittadini. Mettere a conoscenza i cittadini potrebbe permettere di riappropriarsi del territorio fino a rispettarlo».
L’iniziativa è nata da un’idea di Simona Todaro, docente dell’Università di Catania, con il supporto Gioconda Lamagna, presidente del Parco archeologico di Catania e Michela Ursino della Sovrintendenza e il Comune di Catania. «Da prima dell’estate lavoro al progetto insieme al comitato del quartiere Antico Corso, dove sono nata e cresciuta – spiega Todaro – L’obiettivo è quello di offrire un’esperienza didattica a 360 gradi agli studenti delle facoltà di Archeologia e Beni culturali, le cui sedi sono a pochi passi dal punto dove si svolgono gli scavi. Poi c’è quello di coinvolgere turisti e cittadini: l’area sarà sempre aperta a tutti. Durante gli scavi, tre studenti avranno la possibilità di spiegare le varie operazioni che stiamo facendo». Le prime operazioni di pulizia del terreno sono iniziate nelle prime settimane di settembre: «Abbiamo familiarizzato con tutti, nel frattempo sono stati gli stessi cittadini a darci una mano a pulire e a interessarsi – continua Todaro – Gli scavi inizieranno il 4 ottobre e proseguiranno per tutto il mese di novembre. Tutti potranno vedere quello che viene trovato: il lavaggio e il restauro sarà fatto sul posto. I reperti saranno esposti nella sede del parco archeologico».
L’area su cui si scaverà è di nove metri per dieci. L’idea di procedere in quel punto è nata dalle prospezioni fatte dall’architetto Giancarlo De Carlo all’inizio degli anni Duemila in occasione del recupero del vicino Monastero dei Benedettini. «Da queste ricerche abbiamo capito che l’area è libera dal banco lavico – osserva Todaro – Le due colate laviche del 693 a.C. e del 1669 non hanno lambito questa parte, pertanto ci potranno essere dei resti appartenenti a diverse epoche, persino quelle preistoriche. Durante le operazioni ci serviremo di georadar che ci permetteranno di capire in maniera più precisa come condurre gli scavi». Per il momento gli studenti che parteciperanno sono 48, ma il numero è destinato ad aumentare. «Siamo pronti a cominciare – conclude Todaro – Questo momento di archeologia urbana sarà un’occasione di scoperta e di conoscenza che permetterà l’interazione e la condivisione assoluta tra diversi ambiti: quello disciplinare, civico e scientifico».