«Ciuccino vivrai sempre insieme a noi», recita uno striscione esposto alla pescheria di Catania. Il protagonista è Salvatore Tucci, trafficante di droga presunto affiliato al clan Carateddi, ucciso a marzo. Un cittadino su La Sicilia denuncia: «La prepotenza dell'illegalità». Adesso il festone è stato spostato, ma rimane ancora in bella vista
Striscione abusivo per lo spacciatore Il Comune: «Non è così semplice»
Da mesi uno striscione che dice Ciuccino vivrai sempre insieme a noi è esposto alla pescheria di Catania. Prima era tra due palazzi, come i festoni che si espongono per le celebrazioni dei santi patroni, ma dopo la segnalazione di un cittadino i Vigili urbani hanno provveduto a farlo rimuovere, perché abusivo. Da una decina di giorni è stato quindi appeso a un muro, a fare quasi da insegna a uno dei negozi di frutta e verdura del mercato. Ma al signor Antonio Spadaro, che ha sollevato il caso, che lo striscione sia ancora appeso proprio non va giù. «Siamo sempre di fronte alla prepotenza dell’illegalità?», si chiede il cittadino catanese. Perché l’affissione abusiva è solo un aspetto della vicenda: Ciuccino era infatti Salvatore Tucci, trafficante di droga secondo gli investigatori vicino al clan Carateddi, morto ammazzato a marzo, a San Cristoforo, mentre guidava un’auto rubata.
«Uno striscione abusivo non può essere messo all’interno di un’area comune, qualunque sia il contenuto. E infatti non conosco il motivo per cui è stato fatto, a chi è dedicato: lo striscione era abusivo, nient’altro», risponde sulla vicenda l’assessore alle Attività produttive Franz Cannizzo, che ne aveva ordinato ai vigili urbani la rimozione proprio in risposta a una lettera di Spadaro su La Sicilia. «Adesso, essendo in una bancarella, la situazione di abusivismo è invece da verificare meglio», continua l’assessore.
Si tratta quindi solo di una questione formale: se l’affissione dello striscione risulterà abusiva anche nella posizione attuale, questo verrà rimosso, altrimenti resterà per tutto il tempo che il fruttivendolo riterrà opportuno. Niente valutazioni in merito al simbolo di illegalità che lo striscione rappresenta per il cittadino: «Questo, come comprende, è tutt’altro discorso», conclude Cannizzo.
Perché concedere a un delinquente affiliato a un clan mafioso tale onore, in una delle zone più belle e trafficate di Catania, è però una domanda che non ha molto senso per chi il festone lo ha esposto. «La gente si permette di parlare perché ha letto che s’è trattato di un omicidio di mafia. Ma le cose sono più complicate, non sanno la storia che c’è dietro: era nostro nipote, un ragazzo cresciuto qui in pescheria fin da bambino, lo conoscevano tutti, ed è per questo che lo striscione resta», dicono i parenti di Ciuccino, riuniti attorno al signor Gianni, che vende frutta e verdura all’angolo tra via Auteri e via Gisira. «Sono venuti i vigili urbani a farlo togliere, e va bene forse era illegale tenerlo la, anche perché questa è una zona storica piena di palazzi antichi. Ma io l’ho appeso al mio posto e se me lo fanno togliere di nuovo, lo rimetto, non è illegale», dice l’uomo.
Gli altri parenti non si capacitano del perché un cittadino qualunque, uno che non conoscono, abbia richiesto la rimozione dello striscione. «A Catania, tutti mettono striscioni, basta andare a vedere a San Cristoforo. E se faceva togliere lo striscione ndo quatteri, finiva che gli sparavano».
Il signor Gianni pensa però che ci sia dell’altro, che la pescheria sia oggetto di attacchi continui. «Sono qui in pescheria da 42 anni, e la situazione attuale è insostenibile, se continuano così ci fanno chiudere. Li vede quei cassonetti? Sono messi là, in mezzo alla merce, quello dovrebbe essere un posto per un negozio, e la gente che passa vede solo che la spazzatura sta vicino alla verdura. Perché i vigili urbani non si occupano di sistemare queste situazioni che denunciamo noi venditori, invece di venire per lo striscione? La pescheria in realtà non è così sporca, c’è solo un po’ di puzza».