Il caos nello Stretto di Messina finora c’è stato. E questo indipendentemente dal numero di persone che sono riuscite ad arrivare in Sicilia, nonostante la progressiva stretta ai collegamenti con l’isola culminata ieri nel divieto, valido per l’intero Paese, di spostarsi da un Comune all’altro per motivi diversi da quelli lavorativi e di salute. È questa la prima considerazione che si ha arrivando agli imbarcaderi messinesi e parlando con chi la traversata l’ha compiuta.
«Questo pomeriggio per la prima volta sono state bloccate persone che si stavano per imbarcare a Villa San Giovanni (Reggio Calabria, ndr)», dichiara a MeridioNews alcune persone che il traghetto sono riuscite a prenderlo perché la tratta rientra tra le attività consuete legate alla professione svolta dall’altra parte dello Stretto. La conferma arriva anche dalle forze dell’ordine. Nello specifico, qualche ore fa è stato impedito ai passeggeri di un pulmino e di un’automobile di salire a bordo.
Stop anche in direzione opposta. A un norvegese, che da tre mesi si trovava in Sicilia e che aveva prenotato un aereo in partenza da Roma, è stato fatto divieto di prendere il traghetto verso la Calabria. A nulla è servito fare presente la necessità di raggiungere la Capitale per poi fare rientro nel Paese d’origine. A riprova di come, oggi, quella del ritorno al proprio domicilio non è più una condizione sufficiente a motivare gli spostamenti. Stessa sorte è toccata a un gruppo di operai di Matera che nell’isola hanno lavorato per alcune settimane.
A chi invece è stato concesso di arrivare in Sicilia è stata misurata la temperatura corporea e controllata l’autocertificazione. In un caso un uomo è arrivato con 39 gradi, ma non si trattava di febbre: poco dopo essere sceso dall’auto la temperatura è scesa, a dimostrazione che si trattava soltanto del calore accumulato durante la traghettata fatta all’interno dell’abitacolo. Il tema che però ha più interessato in queste ore riguarda i numeri di quello che, ieri sera, il presidente della Regione Nello Musumeci ha definito un nuovo esodo. La società Caronte, in tal senso, fa sapere che oggi sono arrivate 78 automobili, mentre ieri – compreso negli orari in cui il rientro al domicilio non era vietato, quindi prima che entrasse in vigore l’ordinanza dei ministri Lamorgese e Speranza – sono sbarcati 270 mezzi. Divisi in quattro corse, due di mattina e altrettante di sera.
Agli imbarcaderi in serata è arrivato anche il sindaco di Messina Cateno De Luca. Il primo cittadino, che già nelle scorse ore ha detto di essere pronto a occupare il porto se il governo dovesse ancora consentire sbarchi incontrollati, è tornato ad attaccare sottolineando che sarebbe bastato fare il censimento dei pendolari dello Stretto per evitare ritorno inopportuni.
In serata, intanto, è arrivata la replica del Viminale alle accuse di Musumeci sui mancati controlli. «In relazione alle dichiarazioni rilasciate dal presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, si precisa che i transiti giornalieri per la Sicilia hanno fatto registrare una costante diminuzione dai 2.760 di venerdì 13 marzo ai 551 di ieri, domenica 22 marzo – si legge in una nota del ministero -. La domenica precedente, 15 marzo, il traffico era consistito in circa il doppio di auto e quasi il triplo di passeggeri, rispettivamente 469 e 1384».
In merito alla giornata di ieri, da Roma sottolineano che «sono traghettati da Villa San Giovanni a Messina 551 viaggiatori. Tutti sono stati controllati prima di salire a bordo. Dei 551 viaggiatori, 136 sono risultati appartenenti alle forze dell’ordine che giornalmente attraversano lo stretto per motivi di lavoro; i restanti 415 sono tutti risultati appartenenti alle altre categorie legittimate ad effettuare il traghettamento». Ogni accusa, dunque, è stata rimandata al mittente. «Non rispondono al vero, quindi, le accuse del presidente Musumeci, mosse per di più in un momento in cui le istituzioni dovrebbero mostrarsi unite nel fronteggiare l’emergenza, secondo le quali sarebbe in atto un flusso incontrollato verso le coste siciliane».
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