Il processo con rito abbreviato si conclude con le condanne dei boss Giuseppe Barranca e Cristoforo Cannella, e di Cosimo D'Amato. Dodici anni per il collaboratore di giustizia, dalle sue dichiarazioni è partita la nuova indagine
Strage di Capaci, due ergastoli e una condanna a 30 anni Riconosciute le attenuanti al pentito Gaspare Spatuzza
L’ultimo processo sulla strage di Capaci aperto dalle rivelazione del pentito Gaspare Spatuzza si è conclusa oggi con le condanne in rito abbreviato: ergastolo per i boss Giuseppe Barranca e Cristoforo Cannella, 30 anni per Cosimo D’Amato, 12 anni proprio per Spatuzza a cui è stata quindi riconosciuta l’attenuante speciale per i collaboratori di giustizia.
Il gup di Caltanissetta Davide Salvucci ha confermato quindi le richieste di condanna della Procura. «Il castello accusatorio ha retto fino alla fine. Anche se le sentenze non si commentano, siamo soddisfatti», hanno affermato i sostituti procuratori, Stefano Luciani, Lia Sava e Onelio Dodero. Il giudice ha rinviato al processo civile la liquidazione del danno per le parti civili e ha negato la provvisionale immediatamente esecutiva.
La nuova indagine è partita dalle dichiarazioni di Spatuzza che si è autoaccusato di aver procurato il tritolo per la strage di Capaci e di aver avuto un ruolo attivo in quella di via D’Amelio. Da qui gli inquirenti sono riusciti a ricostruire nuovi dettagli sulla morte del giudice Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei tre agenti della scorta, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo. Il procurare Sergio Lari, a capo del pool che ha condotto le indagini sulle stragi di Capaci e via D’Amelio, ha sempre sostenuto che «con la strage di Capaci, nel ’92, iniziò l’attacco di Cosa nostra allo Stato. In questi 22 anni – ha aggiunto Lari – abbiamo fatto grossi passi avanti. Abbiamo dimostrato durante la fase delle indagini il ruolo predominante ricoperto dai Graviano nella strage di Capaci e che fino al 2008 non era ancora emerso».