La donna, 42enne di Scordia, dopo oltre 23 anni di matrimonio è incinta. Nel 2007 aveva adottato tre sorelle e un fratello dall'Ungheria. «Adesso posso dire con ancora più convinzione che non c'è alcuna differenza e che i figli sono di chi li cresce, anzi - sorride - per i primi quattro ho aspettato molto più di nove mesi»
Storia di adozione: «Da due siamo diventati sei» E adesso Marzia è al settimo mese di gravidanza
«Eravamo in due e ci siamo ritrovati in sei. E fra poco, saremo addirittura sette». A raccontare la storia della sua famiglia a MeridioNews è Marzia, 42enne residente a Scordia, in provincia di Catania. «Fin dal primo periodo di fidanzamento, con quello che poi è diventato mio marito, abbiamo coltivato il desiderio di adottare almeno un bambino. Forse – dice Marzia senza nascondere la sua emozione – anche perché io sono una figlia adottiva e so quanto è grande per un bimbo ricevere il dono di una famiglia in cui crescere».
Sin dai primi anni di matrimonio la donna, insieme al marito, porta avanti in contemporanea delle cure per l’infertilità e le pratiche per la dichiarazione di disponibilità, al tribunale per i minori, per ottenere l’idoneità della coppia di adottare all’estero. «Fino a quando – spiega – abbiamo deciso di lasciar perdere i trattamenti medici che ci facevano stare male, sia psicologicamente che fisicamente, e abbiamo scelto di portare avanti solo l’iter per l’adozione internazionale che, almeno all’epoca, era una procedura più veloce e più snella rispetto a quella nazionale».
Dal momento della dichiarazione di disponibilità al giorno dell’adozione passano, per Marzia e suo marito, sei anni. È il 2007 quando la coppia accoglie a casa quattro bambini ungheresi di cinque, sei, nove e dieci anni: sono tre sorelle e un fratello. «All’inizio non è stato semplice. Innanzitutto – ricorda – perché eravamo abituati a vivere gli spazi della casa due e ci siamo ritrovati, improvvisamente, a vivere in sei sotto lo stesso tetto. Nel primo periodo poi abbiamo dovuto fare i conti con una lingua che non conoscevamo, con una cultura molto diversa dalla nostra, con lo sradicamento dalla loro terra che i bambini, comunque, sentivano ed erano gelosi l’uno degli altri perché ognuno, almeno all’inizio, avrebbe voluto noi genitori tutti per sé». Oggi il fratello più grande si è diplomato all’alberghiero e vive e lavora fuori dal centro cittadino, la sorella maggiore frequenta l’università a Catania e le due sorelle minori stanno completando gli studi alle scuole superiori. E Marzia, dopo 23 anni e mezzo di matrimonio, adesso è al settimo mese di gravidanza.
«È una femminuccia – dice la donna ancora incredula – che arriva adesso in modo inaspettato. Forse per farmi dire, con ancora più convinzione, che fra un figlio adottato e uno che nasce da un parto naturale non c’è nessuna differenza, perché davvero i figli sono di chi li cresce. E lo dico non solo da madre ma anche da figlia adottiva. Anzi – aggiunge – posso dire che per i miei primi quattro figli ho dovuto aspettare molto più di nove mesi e senza conoscerne il sesso, l’età, la provenienza, il rischio che avessero delle malattie. Ma ne è valsa la pena e consiglierei di iniziare questo percorso a tutte le coppie che desiderano che per ogni bambino venga rispettato il diritto ad avere una famiglia». Lei, adottata quando aveva 13 mesi, lo ha saputo a nove anni. «Prima sulla questione adozioni c’era una sensibilità completamente diversa e il primo effetto negativo era un assoluto tabù che ricadeva sui bambini – spiega la donna – Io ho avuto la fortuna di avere due genitori splendidi ma ricordo l’iniziale imbarazzo nel dover rispondere alle mie domande sul motivo per cui non avessi mai visto una foto di mia madre con il pancione».
È anche per questo forse che Marzia ha creato, per ognuno dei suoi figli, un album pieno di fotografie. «Sono partita dall’organizzare i loro ricordi anche risalenti a prima che facessero arrivo in Italia, perché è giusto che abbiano modo di rivivere il loro passato». Un passato fatto di lunghi periodi in orfanotrofio e anche di quattro anni vissuto con una famiglia affidataria. «Spesso li invito anche a fare un viaggio nella loro terra di origine, magari tutti insieme, e spero che si decidano a farlo presto».
Adesso intanto Marzia, insieme al marito e ai figli, è in attesa di conoscere la nascitura. «Siamo emozionati all’idea di ricominciare da capo». E il pensiero della donna va subito all’esperienza di famiglia affidataria fatta circa due anni fa. «Sono stati proprio i miei figli a volere che aprissimo le porte di casa ad altri bambini. E così, dopo essere risultati idonei – spiega – ci hanno affidato due fratelli: un maschietto di due anni e mezzo e una femminuccia di cinque anni che, arrivati per trascorrere da noi solo un mese di vacanze estive, sono poi rimasti per 14 mesi. Io sapevo che sarebbe stata una situazione temporanea per cui ho sempre detto ai bambini che io e mio marito eravamo degli zii e che i miei figli erano i loro cuginetti e che loro erano da noi solo in vacanza e che sarebbero poi arrivati una mamma e un papà». E, infatti, così è stato. «I bambini sono stati adottati e – conclude Marzia – anche adesso continuiamo ad avere un ottimo rapporto con la famiglia».