Stazione, sequestrati tavoli e sedie ai paninari «Trattati da latitanti, la nostra è una malavita»

«Please, susitivi». Un gruppo di cittadini americani e canadesi, intorno alle 20.20 di questa sera, era seduto a cenare da uno dei quattro camioncini dei panini di piazza Giovanni XXIII, a Catania. Ci sono voluti pochi minuti perché tutti i tavoli e le sedie di quell’area venissero accatastati e sequestrati dagli uomini della polizia. Perché i controlli alle attività commerciali continuano. E dopo gli arrusti e mangia di via Plebiscito è toccato, stasera, ai paninari di fronte alla Stazione centrale. I titolari di tutti e quattro sono stati denunciati per invasione di terreni ed edifici, accusa più grave rispetto a quella di occupazione abusiva di suolo pubblico.

Da una parte le volanti, poi i mezzi della guardia di finanza e un furgoncino della polizia municipale per portare via gli arredi sequestrati. In mezzo, la comitiva di turisti, con i panini in una mano e le bibite nell’altra. «Ci stanu sbintannu, arrirunu finu all’America», li guarda Fabio, figlio del titolare di uno dei quattro camioncini. Gli altri tre sono sempre di famiglia. «Dobbiamo lavorare un po’ tutti», afferma l’uomo. Nel frattempo la comitiva di stranieri si chiede cosa stia succedendo. «Noi stavamo mangiando. L’arrivo della polizia significa che queste cose non possono stare qui? Che è illegale?», domanda uno di loro.

Circa duecento posti a sedere e una decina di tavoli. Tutti sequestrati dagli agenti. «Se ci levi questo, ci levi tutte cose», continua Fabio. «Non ce la faranno a farci chiudere», afferma il gestore di una panineria poco distante. Una di quelle che stasera non sono state toccate dall’operazione delle forze dell’ordine. «Verranno domani», sorride l’uomo. Intanto il padre di Fabio arriva in piazza. «È una vergogna», dice. «Noi siamo gente che lavora», prosegue. A dargli fastidio è anche il dispiegamento di mezzi, come se stessero «attaccando un malo latitante». E l’altro lo interrompe: «Noi la malavita la facciamo. Attacchiamo tutti i giorni alle cinque del pomeriggio e finiamo alle cinque di mattina, con l’acqua e con il vento, tutti i santi giorni».

«Se chiudiamo noi è crisi brutta – interviene il collega – Per ogni camioncino lavora un panettiere, chi porta la carne, chi porta le verdure, chi porta le bombole. Per non parlare delle famiglie degli operai. Ci mettiamo tutti assieme, ci rivolgiamo al sindacato e facciamo sciopero se continua così». «Offriamo un servizio», aggiunge. Servizio dal quale deriva la minaccia di incrociare le braccia in attesa che il primo cittadino dia loro l’autorizzazione a sfruttare il suolo pubblico. «L’abbiamo chiesta e non ce l’hanno mai data. Ormai non la presentiamo neanche più, perché è solo sprecare i 16 euro delle marche da bollo». «In via Etnea, però, i tavolini li mettono sopra i marciapiedi. E in viale Africa ce ne sono duecento». Loro, invece, montano direttamente sulla strada che dovrebbe essere destinata agli autobus. «Montiamo dopo le otto, quando l’ultimo Ast è partito. E leviamo tutto prima delle sette di mattina, quando il primo Ast deve ancora arrivare», spiegano. 

Nel frattempo, la soluzione sarà «ricomprare tutto, perché dobbiamo campare». Un annuncio che, a suo tempo, era arrivato anche dai gestori dei locali di carne di cavallo di via Plebiscito. «Ma in quel caso uno lo può capire che gli levano le cose, se stanno in mezzo ai piedi», commenta uno dei paninari denunciati stasera. «‘Ni putemu assittari ‘nterra comu i cincillà», ride, da dietro al bancone, una donna. «Ci possiamo sedere a terra come i cinesi» è la traduzione.


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