Il coordinamento unico d’Ateneo (CUdA) di Catania ha elaborato un documento in cui enumera le sue numerose perplessità in merito alla bozza del nuovo Statuto, approvata in prima lettura l’1 luglio. Nella seduta del 14 luglio il Senato Accademico potrà portare proposte di modifica e il 19 luglio il documento verrà definitivamente approvato. Un iter decisamente celere che conclude un processo iniziato sei mesi fa.
Come si ricorderà, allora la composizione stessa della Commissione incaricata di scrivere le nuove regole aveva suscitato polemiche e perplessità. Nello speciale che Step1 ha dedicato all’argomento l’ex Presidente della Scuola Superiore Giacomo Pignataro ha definito lo Statuto “la partita dell’Ateneo”. In questi mesi il Coordinamento Unico d’Ateneo è stato particolarmente attivo sul fronte della richiesta di maggiore democrazia nei processi decisionali fondamentali che riguardano il futuro dell’università di Catania. Oggi il CUdA presenta un documento in cui contesta lo spirito e la sostanza dello Statuto. Step1 ve lo propone integralmente.
La bozza di Statuto dell’Ateneo di Catania presentata alla comunità accademica su proposta della commissione nominata, tra non poche polemiche, dal Senato Accademico e dal Consiglio di Amministrazione, presenta criticità di non poco momento e risvolti che pregiudicheranno pesantemente la vita dell’università di Catania nei prossimi anni. Riteniamo doveroso segnalare in particolare:
– La proposta della composizione del Consiglio di Amministrazione, secondo la quale il Cda viene nominato interamente e quasi del tutto discrezionalmente dal rettore (art. 8). Non è accettabile che il rettore nomini i tre membri esterni del Cda senza alcuna consultazione, di natura vincolante, con la comunità accademica di cui egli è parte e senza l’ulteriore vincolo di elementari criteri ex-ante che sanciscano naturali regimi di incompatibilità dei componenti stessi (appartenenza negli ultimi anni a ruoli politici o sindacali, conflitti di interesse economico, condanne per reati contro la pubblica
amministrazione o contro la pubblica fede …). E’ altrettanto inaccettabile che i cinque docenti interni vengano anch’essi di fatto nominati dal rettore, in quanto scelti in una rosa tanto ampia (due componenti indicati da ogni dipartimento tra le proprie fila) da assicurare un eccesso di discrezionalità. Anche in tal caso va prevista statutariamente una reale consultazione dei corpi elettorali.
– E’ grave, se guardiamo al processo costituente che la legge Gelmini avvia, che un rettore eletto con le vecchie norme nomini un Cda con poteri nuovi e del tutto inediti senza aver ricevuto dall’elettorato tale mandato. E’ grave, inoltre, perché il Cda nominato opererà, con gli ampi poteri che la legge gli ascrive, anche quando entrerà in vigore il mandato di un nuovo rettore; elemento questo che pare in contrasto con la fisiologica natura di un processo costituente.
– E’ scorretto che il Senato Accademico (art. 7, c. 2) non rappresenti adeguatamente tutte le componenti della comunità accademica, innanzitutto escludendo dalla rappresentanza il personale Tecnico-Amministrativo e i precari della ricerca e della docenza. E’ inoltre scorretto, all’interno del corpo docente, non garantire un’equilibrata rappresentanza delle tre fasce (ordinari, associati, ricercatori), sancendo così un evidente sbilanciamento a favore dei professori ordinari. Tale sbilanciamento è ulteriormente aggravato da quanto previsto dall’art. 15, c. 7, che riserva la direzione dei dipartimenti ai soli docenti ordinari e dall’art. 14, c. 1, il quale limita la responsabilità di proposta delle chiamate del personale docente, operate dai dipartimenti, ai soli professori ordinari, escludendo parzialmente i professori associati e del tutto i ricercatori dalle stesse.
– E’ errato non prevedere esplicitamente rappresentanze studentesche, di personale Tecnico-Amministrativo e precari della ricerca e della docenza nella composizione dei consigli di dipartimento (art. 15, c. 2). Si limita in particolare la presenza degli studenti ai soli consigli di corso di studio e alle commissioni paritetiche dipartimentali.
– E’ un errore insistere, dato il ruolo delicato che esso riveste, su una composizione del collegio di disciplina (art. 12, c. 3) i cui componenti vengano nominati dal Senato Accademico all’interno di una rosa amplissima e non eletti direttamente dai corpi elettorali.
– Pare inoltre culturalmente povero uno statuto in cui, in una pagina intera dedicata ai principi generali (Titolo I, art. 1), non sia enunciata a chiare lettere la dimensione del sapere come bene comune insieme al carattere pubblico dell’università.
Alla luce di queste considerazioni – ma altre se ne potrebbero aggiungere – appare chiaro che lo Statuto in via di approvazione, così come licenziato dalla Commissione, non risponde alle esigenze di un sistema di governo della comunità accademica basato sui principi della democrazia rappresentativa e partecipativa, ma sia invece essenzialmente incentrato sulla figura del rettore, i cui poteri vengono esaltati e non bilanciati. Tale modello è iniquo e inefficace. L’Università di Catania è forse l’unica in Italia a non aver promosso, in questi ultimi mesi, meccanismi di consultazione e assemblee che consentissero una responsabilizzazione piena della comunità sui temi statutari. Oggi ci si avvia – e non se ne comprende il motivo – ad una approvazione-lampo, con appena una settimana concessa ai soli senatori accademici per presentare emendamenti alla bozza di statuto. Per queste ragioni riteniamo invece assolutamente necessario, come richiesto anche dalla mozione approvata all’unanimità dall’Assemblea di Ateneo indetta dal CUdA in data 22 giugno 2011, che si utilizzino i tre mesi di proroga a partire dal 30/07/2011, ai sensi dell’art. 2, c.6 della legge 240/2010, per l’adozione delle modifiche statutarie, allo scopo di consentire l’apertura di un dibattito ampio, trasparente e democratico che porti alla redazione di uno statuto condiviso ed efficiente.
Catania, 2 luglio 2011
Il Coordinamento Unico d’Ateneo
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