Sorrisi in rosa, sorrisi in fiore

Mi occupo di donne da sempre. Vi incontro, provo a conoscervi, a entrare nel vostro mondo, per aiutarvi a trovare nei capelli la migliore espressione di voi stesse. Nel tempo ho scoperto come il mio lavoro possa avere anche un valore altro, delicato e importante, quando il dolore irrompe nella femminilità colpita dalla malattia. 

In particolare, dal tumore al seno. Ecco perché, a ottobre, mese della prevenzione senologica, sono stato felice di partecipare a Sorrisi in Rosa, il festival della prevenzione senologica degli ospedali e centri medici Humanitas di tutta Italia, nato per sensibilizzare sul tema e testimoniare la forza della vita oltre la malattia. In questa occasione, che mi ha letteralmente travolto ed emozionato, condotta da Gerry Scotti e Paolo Pedemonte a Milano, alla presenza di tante testimonial della forza femminile, da Beatrice Venezi a Roberta Mirata, da Martina Rodini ad Agnese Innocente e Barbara Stefanelli, è stato presentato il libro Sorrisi in fiore che raccoglie cento testimonianze di donne associate a cento fiori, con la fotografia di Luisa Morniroli e la penna di Cristina Barberis Negra.

Un libro al quale anche io ho dato il mio contributo, scrivendo questa introduzione che voglio condividere con voi. Con l’invito a prendervi sempre cura di voi stesse, soprattutto a fare prevenzione. E con l’invito a comprare questo libro, perché è un sostegno concreto ai progetti di fondazione Humanitas per la ricerca nell’ambito dei tumori tipicamente femminili. E perché è davvero un’iniezione di fiducia,cuoraggio e ribellezza“.

Accade a tutti di non sentirsi bene, guardarsi allo specchio e non vedersi belli. E non solo sotto il profilo esteriore. A volte capita di perdere la fiducia, l’energia, la sicurezza costruita con il lavoro, la famiglia, gli studi. “Non sono più io”, “non mi riconosco più”, ti trovi a pensare davanti allo specchio. E se in condizioni normali può accadere a tutti, alle donne con il cancro questo accade in modo più violento perché, a causa della malattia che mina ogni sicurezza, la donna sa che perderà anche un pezzo della propria identità: i capelli, centoventimila capelli che però sono molto più di un po’ di cheratina.

Veder cadere i propri capelli ha significati profondi che vanno ben oltre l’aspetto estetico: perdere i capelli è perdere parte della propria essenza di donna, parte di quel ritratto che “ti assomiglia” e corrisponde a ciò che tu vedi di te stessa. Questo perché i capelli non sono un accessorio, ma l’estensione del tuo essere femminile. Pensaci: quando guardi i tuoi capelli non li vedi solo con la telecamera esterna, lo specchio, ma anche con quella interna, la tua anima, perché materializzano la tua essenza. Perderli, quindi, è vedere il tuo ritratto interiore ed esteriore che si frantuma, perché quello che vedi fuori, o che fai vedere con il trucco o l’abito, o i capelli, è l’immagine di come ti senti dentro. Credo che la ricerca della gradevolezza estetica, della bellezza – lo vedo ogni giorno nel mio lavoro di beauty coach – aiuti a tirar fuori la bellezza del proprio spirito, e ad accendere la scintilla dell’energia vitale e progettuale che serve sempre, specie nei momenti difficili. Così, lavorando di fino, centimetro dopo centimetro, la bellezza ti aiuta a recuperare fiducia in te stessa, sicurezza e forza.

Nei momenti bui puoi scegliere di lasciarti andare a un circolo vizioso e alimentare pensieri brutti che ti portano facilmente nello stato di abbrutimento fisico e mentale; oppure mettere a fuoco quei piccoli dettagli che alimentino pensieri fiduciosi e facilitano quel circolo virtuoso che tutti noi meritiamo. Ma è necessario avere accanto persone luminose, sorrisi, possibilità, bei sogni, coccole. È necessaria una bellezza utile e autentica che si prenda cura di te.

Sono consapevole della responsabilità che abbiamo noi parrucchieri e di come possiamo e dobbiamo essere utili in questi momenti. Quando i capelli cadono, c’è da ricostruire tutto partendo da un primo piccolo passo verso te stessa: prenderti cura di te. Correndo persino il rischio di scoprirti più bella. Ma non pensare di dover trasformare la persona che sei: pensa a quelle signore anziane che non possono uscire di casa se non hanno un tocco di rossetto, quel niente che le fa sentire bene, e così mostrano un sano amore per se stesse, come il guerriero che disegna e abbellisce il volto e il corpo per andare alla guerra, e facendolo si autocelebra con quella bellezza che gli serve per avere il coraggio e la forza di combattere.

Avere vicino qualcuno – il beauty coach, l’operatore sanitario, le persone che vuoi accanto quando stai male – che ti aiuti a mettere a fuoco la tua bellezza, ricordandoti che servono un pizzico di ironia e fluidità per vedere la bellezza che cambia, significa iniziare a ricostruire partendo da te. In questo modo, come beauty coach posso prenderti per mano e accompagnarti alla scoperta della tua nuova bellezza, con quell’esperienza e sensibilità che ho sviluppato nei tanti cambi di look delle top model, necessari per sfilate e shooting, e delle donne di ogni giorno che sentono la spinta del cambiamento costruttivo.

Quando le donne con il cancro si rivolgono a me, mi chiamano in disparte e mi raccontano tra le lacrime a cosa stanno andando incontro. Io so già che dovrò rasare loro i capelli. E visto che i capelli hanno un grande potere e valore, non posso, in quel momento, dire brutalmente “via, rasiamo tutto”. Devo capire, ascoltando, se la donna è pronta a fare quel passo, che le eviterà lo stillicidio emotivo di veder cadere i capelli a ciuffi, oppure se ha bisogno di tempo. In entrambi i casi, inizio con il tagliare i capelli poco alla volta, lascio alla mente il tempo – spesso bastano pochi minuti – per abituarsi al cambiamento di identità che vede allo specchio: ogni persona reagisce a modo proprio, ma di solito, chiacchierando, è la donna stessa a dirmi a un certo punto “ok, sono pronta, tagliamo tutto”. A quel punto, alcune donne scoprono di piacersi anche rasate.

Ricordo una donna, avvocato in carriera, che aveva voluto la parrucca pronta fin dal primo momento in cui era stato necessario rasare i capelli. Non voleva perdere la sicurezza della propria identità e la parrucca con lo stile dei suoi capelli di “prima” le dava proprio questo conforto. Poi, con i capelli che iniziavano a crescere, ancora piccolissimi, venne da me indossando la parrucca e guardandoci fu subito chiaro a entrambi che era pronta al cambiamento. Sistemai poche cose, diedi forma ai capelli che, come sempre accade, stavano ricrescendo qua e là – ma stavano ricrescendo! – e colorai quel grigio che lei proprio non sopportava. Alla fine decise di uscire senza parrucca; e con un bel make-up e degli accessori importanti, aveva bilanciato il minimalismo dei nuovi capelli con la ricchezza di tutti gli altri elementi. Era fighissima, lo pensavo io e lo pensava anche lei.

Spesso i problemi si presentano anche con l’opportunità di fare nuove scoperte su stessi; e siccome in certe situazioni non ci è data né la possibilità di scegliere né di cambiare strada, la cosa certa è che in questi momenti è necessario essere più fluidi, allenare altri punti di vista, scoprire altre opzioni, accogliere e valorizzare quello che c’è, senza focalizzarci su quello che manca. Forse è proprio questo che ci “sussurra” l’esperienza, suggerendo altre prospettive di bellezza autentica, se manteniamo un pizzico di stupore e sano ottimismo.


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