Nel mirino degli agenti un capitale da cinque milioni di euro, riconducibile ai tre fratelli Angelo, Antonino e Rocco. Il quarto della famiglia, Roberto, ha sulle spalle una condanna definitiva per tentato omicidio e rapine. Decisive per l'inchiesta le rivelazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Cristaudo. Guarda il video
Sigilli della Dia al patrimonio dei trafficanti Morabito A Picanello una sala scommesse, tabacchi e terreni
Un patrimonio da cinque milioni di euro. Diviso tra terreni, fabbricati, imprese, un motopeschereccio e rapporti bancari e postali. Tutto riconducibile alla famiglia Morabito di Picanello, quartiere popolare di Catania, finita al centro di tre distinti decreti di sequestro, effettuati dalla Direzione investigativa antimafia di Catania su delega della procura. Un capitale enorme che secondo gli inquirenti sarebbe stato creato con i soldi della droga. I fratelli Angelo, Antonino e Rocco Morabito vengono definiti veri e propri «grossisti dello stupefacente». Gente che non si sporca le mani vendono marijuana tra le strade ma che preferisce importare ingenti quantitativi dalla pista balcanica, con particolare riguardo ai canali albanesi.
Tra i beni sequestrati ci sono sette terreni proprio nel quartiere di Picanello e due nel territorio di Mascali. Uno di questi era adibito a stalla. Scorrendo l’elenco c’è spazio anche per alcune attività commerciali come una tabaccheria in via Policastro, sempre nel rione etneo, una sala scommesse affiliata alla compagnia di gioco online inglese Stanleybet e un’azienda specializzata nella pesca. Settore quest’ultimo a cui è riconducibile anche il motopesca Fortunato. Già sequestrato nel 2013 durante un’operazione antidroga nel canale d’Otranto, tra Puglia e Albania. In quell’occasione gli inquirenti scoprirono il mezzo carico di marijuana, per un peso complessivo di quasi mille chilogrammi e un valore di circa 10 milioni di euro, imballata in buste di plastica. I sigilli della Dia sono scattati anche per rapporti bancari e postali.
La famiglia Morabito tra i suoi componenti annovera anche l’altro fratello Roberto. L’uomo, già condannato in via definitiva per estorsione, usura, tentato omicidio e per una serie di rapine commesse tra Catania e la Toscana, secondo gli inquirenti sarebbe contiguo alla famiglia mafiosa di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano. A questa organizzazione farebbero infatti riferimento tutti e quattro i fratelli di Picanello, con il ruolo di grossisti della droga per il rifornimento delle piazze di spaccio. Particolare emerso anche negli ultimi anni grazie alle operazioni denominate Picanello connection e Spartivento. La prima, risalente a novembre 2016, aveva portato al sequestro di un grosso quantitativo di droga proveniente dall’Albania.
La marijuana passava per la Puglia e viaggiava a bordo di mezzi a quattro ruote lungo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, per poi giungere in Sicilia. Spartivento è invece il nome di un blitz, risalente al 2015 quando sotto la lente d’ingrandimento era finito l’asse tra Catania e la città marinara albanese di Durazzo. Con un traffico organizzato anche con la complicità di un autista di un autobus di linea, che avrebbe fatto da tramite per la consegna dei soldi per l’acquisto dello stupefacente.
Dietro le accuse ai Morabito c’è anche il collaboratore di giustizia Salvatore Cristaudo, cognato di Angelo avendone sposato la sorella. Il pentito ha indicato la riconducibilità dei beni ai suoi parenti acquisiti, dando il via alle indagini e agli approfondimenti reddituali svolti dagli agenti della Dia. Cristaudo ha nel suo passato l’appartenenza al gruppo dei fratelli Nizza, oggi decimato da arresti e pentimenti eccellenti, ma un tempo al vertice in città proprio nell’importazione di marijuana e cocaina.