È la capitale più piovosa d’Europa, una città moderna con un cuore medievale, oltre 2,7milioni di abitanti ma quando c’è la seduta plenaria del parlamento europeo si trasforma, viene invasa da un esercito di 720 eurodeputati con i relativi staff, ospiti, funzionari, è lì che Bruxelles si mostra al mondo come vera e propria capitale […]
Vita da eurodeputato, viaggio tra i parlamentari siciliani alle prese con la plenaria a Bruxelles
È la capitale più piovosa d’Europa, una città moderna con un cuore medievale, oltre 2,7milioni di abitanti ma quando c’è la seduta plenaria del parlamento europeo si trasforma, viene invasa da un esercito di 720 eurodeputati con i relativi staff, ospiti, funzionari, è lì che Bruxelles si mostra al mondo come vera e propria capitale d’Europa. Ed è lì che sono chiamati a svolgere il loro dovere gli otto parlamentari siciliani eletti nel corso dell’ultima tornata elettorale. L’ultima seduta, tra l’altro, è tra le più importanti dell’anno: si discuterà della terribile inondazione di Valencia, dell’impatto che avrà sull’Europa l’elezione di Donald Trump negli Usa, si parlerà di ambiente. Ma come si è comportata la nostra piccola delegazione regionale? Siamo andati in loco a vederlo.
Storicamente in Italia la funziona del parlamentare europeo si è ammantata di un’aura non proprio positiva, una sorta di parcheggio custodito, di cimitero degli elefanti della politica, e poi c’è sempre lo spettro del «ce lo chiede l’Europa», utilizzato ora a destra, ora a manca, per scaricarsi le responsabilità, ma i deputati a Bruxelles, lavorano davvero? La risposta è sì. Se sono disposti a farlo. In quel caso si tratta davvero di un’occupazione a tempo pieno. Il palazzo del parlamento è una città nella città, con i parlamentari allocati insieme ai rispettivi staff in uffici da tre stanze nella torre che porta il nome di Altiero Spinelli, distribuiti dai piani più alti a quelli inferiori secondo una precisa e cervellotica logica aritmetica che si basa su Paese di provenienza e gruppo politico di appartenenza, per cui, giusto per fare un esempio, Caterina Chinnici e Marco Falcone, italiani iscritti al gruppo del Ppe, hanno un ufficio all’undicesimo piano con vista mozzafiato sulla Ville, Leoluca Orlando è al settimo, magari non così suggestivo come vista, però è sull’unico piano che ha nelle sue disponibilità il terrazzo con l’area fumatori.
La plenaria è prevista per mercoledì 12, ma già martedì c’è da lavorare: gran parte dell’attività dei parlamentari è infatti assorbita dalle commissioni. MeridioNews, non potendole seguire tutte ha assistito in mattinata alla riunione del gruppo di controllo congiunto su Europol, l’agenzia che si occupa sostenere gli Stati membri nella prevenzione e nella lotta contro tutte le forme gravi di criminalità organizzata e internazionale, criminalità informatica e terrorismo, dove è anche previsto un punto anche sulla questione Ucraina, tra rischio di contrabbando di armi e di tratta di esseri umani. Proprio su questo argomento interviene Caterina Chinnici, utilizzando il suo minuto a disposizione per chiedere lumi sui flussi migratori e sulle indagini riguardo la possibile tratta di donne e bambini. Presente anche Leoluca Orlando, concentrato sul suo smartphone finché non arriva il suo momento, quando prende il microfono e chiede qualcosa che suona come «bene tenere gli occhi aperti sui crimini di guerra perpetrati in Ucraina, ma stiamo facendo lo stesso anche in Palestina?». La risposta che riceve è negativa.
I lavori delle varie commissioni si alternano fino a tarda sera, nel frattempo scatta il momento degli assistenti: i ritagli di tempo sono quelli utilizzati per presentare ai deputati gli emendamenti e le proposte di legge, far firmare i documenti, far approvare testi e decisioni, fissare incontri. Solo dopo questa trafila ci si può finalmente rilassare con un omaggio a Puccini organizzato nell’auditorium del palazzo, dove è stato allestito pure un cocktail party in cui mancano però sia il cocktail che il party, una cosa più in stile festa della parrocchia: un paio di bottiglie di prosecco, succo di frutta del supermercato e due scodelle di patatine, subito monopolizzati dai figli piccoli di qualche dignitario presente. Lì si vedono diversi deputati italiani, tra cui il cinquestelle Antoci, che bicchiere alla mano tesse rapporti diplomatici con altri cocktailisti. In realtà dopo la prima giornata passata a palazzo la domanda che più ronza nelle nostre menti provinciali resta comunque una: perché per entrare all’Assemblea regionale siciliana è d’obbligo per gli uomini indossare la cravatta mentre a Bruxelles ci si può presentare anche in tuta? Chiedere a Mimmo Lucano, che col suo maglioncino si aggira tra corridoi e ascensori offrendo lezioni di tradizioni e usanze calabresi a chiunque gli si avvicini. Ma il bello deve ancora venire. L’indomani. Mattinata leggera, pranzo veloce nella mensa del parlamento e poi tutti in Aula.
La plenaria è un colpo d’occhio. Tra i primissimi ad arrivare nell’emiciclo è Ruggero Razza. L’ex assessore alla Salute del governo Musumeci spacca il secondo – altra differenza con l’Ars: qui se danno un orario, quello è, non sono particolarmente tollerati i ritardi -. Razza si guarda intorno, chiacchiera, attende l’inizio della seduta, poi segue la discussione con attenzione, lasciandosi andare ad ampi e plateali gesti di disapprovazione nei confronti delle parole di una collega spagnola che denuncia in pubblica piazza un altro deputato, reo di essersi in precedenza presentato con un cappellino della campagna elettorale di Donald Trump. A ruota arrivano anche Marco Falcone e dalla parte opposta dell’emiciclo Giuseppe Lupo, mentre non si scorgono Milazzo e Stancanelli, non ci è dato sapere se siano o meno presenti, nonostante la mappa dettagliata e numerata del posizionamento dei deputati che viene fornita alla stampa. Il corridoio che porta all’emiciclo freme: i box dedicati alle televisioni si riempiono, sui gobbi scorrono chilometri di scritte dei discorsi letti dai deputati di fronte alle telecamere. I siciliani in questo frangente preferiscono tornare in ufficio, mentre in Aula restano spagnoli e portoghesi a litigare sul titolare della responsabilità del disastro di Valencia, tra accuse reciproche e atti di costernazione, sempre tutti entro il minuto di tempo: una regola da cui non si scappa.
Valencia alla fine monopolizzerà l’intera giornata di mercoledì, mentre il giovedì sarà funestato da problemi informatici, proprio mentre si parla del conflitto russo-ucraino. Il complottismo su fantomatici hacker russi serpeggia a tutti i livelli, specie perché in molti rischiano di perdere l’aereo per tornare a casa. Ma alla fine le teorie restano tali e tutti riescono a lasciare l’europarlamento in orario a bordo di auto elettriche nere che sfrecciano per la città sprezzanti del traffico, con un fare spavaldo che sa tanto di autoblù su viale della Regione a Palermo nell’ora di punta. La nutrita truppa degli italiani lascia la capitale belga, dove ancora la lingua del belpaese affolla strade, piazze e locali, anche se giacche e cravatte hanno lasciato il posto a felpe e bandiere: è la sera di Belgio-Italia allo stadio Re Baldovino. Ma in questo caso siciliani non ce ne sono, quindi qui si ferma il nostro racconto, con un interminabile volo di ritorno (il nostro, almeno) in cui gli unici a non dormire sono Leoluca Orlando e Giuseppe Lupo, entrambi intenti a studiare numeri, incarti, proposte, insomma… al di là dei classici clichè, a lavorare.