Quasi tremila morti e più di 5530 persone rimaste ferite. Sono i numeri del terremoto di magnitudo 6.8 che l’8 settembre ha colpito il Marocco. «Ero lì con mio marito e mio figlio di dieci anni e, nonostante da siciliana io sia abituata alle scosse, non ne avevo mai sentita una così forte e lunga». […]
La siciliana in Marocco che lavora per la «ricostruzione non solo fisica ma anche sociale»
Quasi tremila morti e più di 5530 persone rimaste ferite. Sono i numeri del terremoto di magnitudo 6.8 che l’8 settembre ha colpito il Marocco. «Ero lì con mio marito e mio figlio di dieci anni e, nonostante da siciliana io sia abituata alle scosse, non ne avevo mai sentita una così forte e lunga». È il racconto che da a MeridioNews Valeria Rossi, 49enne palermitana da oltre 35 anni di adozione catanese che nel Paese africano, e in particolare nella periferia di Marrakesh, lavora da anni insieme a Officina sociale Cope. Un centro di ricerca dell’Università di Catania associato all’ong Cope-Cooperazione Paesi emergenti, la realtà nata nel capoluogo etneo nel 1983 che si occupa di cooperazione internazionale, informazione ed educazione allo sviluppo. «Nel momento del sisma – aggiunge Rossi – ero lì insieme per condurre dei workshop sulla cartografia partecipativa con i ragazzi di Radio El Amane». Un’associazione locale che, dal 2000, si occupa di lotta per i diritti delle donne e delle ragazze di Marrakesh. «Adesso è tutto da ricostruire – sottolinea – e sarà un percorso lento. E non parlo solo della ricostruzione fisica post-terremoto ma anche e soprattutto di quella sociale e psicologica».
Ricostruire sulle basi di quanto è già stato fatto. «Negli ultimi tre anni, ho lavorato lì – racconta Rossi – con l’associazione El Amane occupandomi soprattutto di diritti delle donne con l’attivazione di servizi di supporto contro la violenza domestica». Un centro di ascolto dove si fornisce supporto psicologico, legale, sanitario e formativo con l’obiettivo dell’empowerment femminile. «Nei quartieri più periferici della città di Marrakesh e nei villaggi rurali, in particolare – spiega – abbiamo messo in campo diverse campagne di sensibilizzazione che hanno già dato i loro frutti». Un percorso che non si può seppellire sotto le macerie del terremoto. «Perfino da parte degli uomini abbiamo avuto risposte molto sensibili – ci tiene a sottolineare Valeria Rossi – e anche la polizia locale ha cominciato a collaborare con noi e con l’associazione». Collaborazioni importanti che hanno permesso alle donne di fare dei passi avanti nella consapevolezza che porta alle denunce per violenze domestiche e per molestie sul posto di lavoro.
«Non solo questo – aggiunge – il nostro lavoro qui sul territorio punta molto sulla promozione dell’imprenditoria femminile. Per esempio, con progetti di microcredito agricolo anche nei villaggi rurali e con la creazione di una cooperativa per la produzione e il confezionamento alimentare e per la promozione turistica». Tutto questo, proprio nelle zone che di recente sono state devastate dal terremoto. «La scossa – spiega Rossi al nostro giornale – ha danneggiato le parti più vulnerabili dei villaggi. Alcuni si sono letteralmente disintegrati, sono quelli dove le case sono fatte di argilla e costruite con tecniche tradizionali, dunque, non hanno fondamenta e sono più fragili». Lì si è registrato proprio l’epicentro del sisma. «Ci sono molti sfollati che vivono ancora nelle tende in villaggi difficilmente raggiungibili e dove non è semplice fare arrivare anche i beni di prima necessità». Per questo, Cope e El Amane hanno già lanciato una raccolta fondi. Ma non è solo a questo che ci si deve fermare. «Si deve ripartire dalle priorità – continua Valeria Rossi – Penso ai bambini che hanno perso i genitori e la possibilità di andare a scuola. Per questo – conclude – bisogna ricominciare dalla ricostruzione non solo fisica ma anche sociale e psicologica».