La siccità in Sicilia: stop al progetto del dissalatore a Trapani. Mancano alcuni pareri della Regione

Un «parere mancante» da parte della Regione Siciliana sulla procedura di valutazione di incidenza ambientale e la presenza di «una zona di interesse comunitario a protezione speciale» creata dall’Unione europea. Tradotto: niente via libera al progetto di fattibilità tecnico-economica per la realizzazione del dissalatore di Trapani. Un’opera considerata strategica per affrontare l’emergenza siccità in Sicilia ma che, stando così le cose, non vedrà la luce nemmeno entro l’estate del 2025. A fare il nodo al fazzoletto sui tempi era stato lo stesso presidente della Regione Renato Schifani che, a settembre dello scorso anno, sottolineava anche di essere pronto a vigilare «affinché i tempi vengano rispettati». Una presa di posizione netta dopo una cabina di regia alla quale avevano partecipato anche il ministro per la Protezione civile Nello Musumeci e il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini. Leggendo la documentazione ufficiale, però, sembra che qualcosa sia andato per il verso sbagliato.

Nel decreto del commissario straordinario nazionale per l’emergenza idrica, datato 20 marzo 2025, si ripercorre tutto l’iter che dovrebbe portare alla messa in esercizio di tre impianti di dissalazione mobile. Oltre a quello di Trapani, gli altri due sono previsti a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, e a Gela, in provincia di Caltanissetta. Ma se per questi ultimi c’è stato il disco verde, lo stesso non è avvenuto per il progetto di Trapani. Proprio a causa di diverse criticità ambientali e della mancanza di alcuni pareri che sarebbero dovuti arrivare dagli uffici di Palermo. Documenti ritenuti necessari dal commissario straordinario per proseguire l’iter amministrativo e sbloccare il tutto. L’intera operazione sui tre dissalatori prevede una spesa complessiva di 100 milioni di euro. Di questi, 90 milioni di euro arrivano dal fondo per lo sviluppo e la coesione, mentre i restanti 10 milioni di euro sono stati messi a disposizione dalla Regione attingendo dal proprio bilancio. Sicilacque è stata individuata come soggetto attuatore, mentre Schifani è anche commissario delegato, essendo stata dichiarata la Sicilia – dal 6 maggio 2024 – in stato d’emergenza in relazione alla situazione di deficit idrico in atto nel territorio isolano.

Il progetto di Trapani prevede la realizzazione di un impianto di dissalazione pre-assemblato e trasportabile, definito soluzione a container. L’impianto, secondo quanto riportato nel progetto ufficiale, dovrebbe essere installato nell’area attualmente occupata da un impianto di dissalazione dismesso. Il malfunzionamento e l’inutilizzo di questo impianto, negli ultimi anni, è stato al centro di numerose polemiche, anche considerando l’aggravarsi della crisi idrica in Sicilia. Si tratta di una struttura che, sulla carta, avrebbe garantito la trasformazione di 100 litri al secondo di acqua proveniente dal mare. Costruito negli anni ’90, si trova in località Nubia, nei pressi della riserva naturale delle Saline di Trapani e Paceco. Risultato? L’impianto è inattivo da oltre 20 anni, mentre l’Isola continua a soffrire di gravi carenze idriche. Il nuovo progetto prevede la trasformazione di 96 litri di acqua al secondo idonea al consumo umano, in grado di operare in continuo, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e con una struttura che «dovrà essere realizzata per resistere alle condizioni ambientali della Sicilia, incluse temperature elevate, umidità, venti forti e salinità dell’ambiente», si legge nel progetto.

«La propaganda del presidente della Regione, come le bugie, ha le gambe corte – dice in una nota la deputata regionale trapanese Cristina Ciminnisi, esponente del Movimento 5 stelle – Schifani continua a prendere in giro i trapanesi, promettendo soluzioni che sa benissimo essere di difficile realizzazione. Avere prospettato tempi brevi per la riattivazione del dissalatore di Trapani – continua – che insiste in un’area di riserva naturale, senza aver tenuto conto delle prevedibili criticità ambientali, è stata una grossolana sottovalutazione. Non vorrei che ora si tenti di scaricare le responsabilità sui vincoli ambientali invece di ammettere l’incapacità della Regione di trovare soluzioni vere e praticabili», sottolinea la deputata M5s. «Schifani sapeva perfettamente che riattivare l’impianto nell’area protetta avrebbe richiesto approfondite valutazioni tecniche e ambientali e – continua Ciminnisi – che probabilmente l’iter avrebbe potuto subire inevitabili rallentamenti. Eppure, per mesi, ha continuato a spacciare questa ipotesi come soluzione immediata, illudendo i siciliani di risolvere la crisi idrica con i dissalatori di Gela, Trapani e Porto Empedocle entro il 2025. Già il primo dato sulla produzione di litri dissalati per secondo di tutti e tre gli impianti, anche a pieno regime, ha reso chiaro – conclude la deputata – che la loro portata sarebbe stata comunque insufficiente». Accuse durissime alle quali nella serata di ieri ha replicato la Regione indicando il 28 marzo come il giorno in cui verranno rilasciati i pareti. Il 3 aprile, invece, gli uffici regionali annunciano che il commissario chiuderà il procedimento con l’approvazione del procedimento. Altro nodo al fazzoletto fatto.


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