Sicilia al voto, tra elezioni pop e incertezza Si corre il rischio di un governo «debole»

La conclusione della campagna elettorale in Sicilia è ormai vicina. Si sparano le ultime cartucce tra comizi in piazza, passeggiate folkloristiche per i centri storici, concerti, aperitivi con prodotti tipici e meeting nei saloni degli alberghi. L’esito quasi sicuro di queste elezioni è uno: l’instabilità. Perché se è vero lo studio realizzato dal CISE (Centro Italiano Studi Elettorali) della LUISS di Firenze, l’ARS che si formerà all’indomani dello sfoglio presenterà un quadro molto preoccupante. Si corre infatti il rischio di non avere una maggioranza solida pronta a sostenere il nuovo Presidente della Regione Siciliana.

Di fronte alla campagna elettorale siciliana più pop dall’avvento della terza fase della comunicazione politica in Italia (iniziata con la discesa in campo di Berlusconi) e caratterizzata dall’incertezza, dall’astensionismo e dalla sfiducia nei partiti, credo sia giusto fare qualche riflessione generale prima del voto di domenica.

1) La guerra delle piazze. Soprattutto dalla «discesa in acqua» di Grillo per il suo Movimento 5 Stelle, il susseguirsi di immagini con piazze piene in ogni ordine di posto (come direbbe Bruno Pizzul) pubblicate sui vari media è sembrato un tormentone inarrestabile. Tuttavia, prendo in prestito le parole di Joe Napolitan, padre della consulenza politica contemporanea, per sfatare un mito: «Le immagini raffiguranti grandi folle hanno un valore reale piccolo. Servono solo a tranquillizzare il candidato».

2) Secondo la cosiddetta legge di Farley (campaign manager di Franklin D. Roosevelt), la maggior parte delle elezioni è già decisa prima ancora che la campagna abbia inizio. L’usato sicuro (vedi l’esempio di Leoluca Orlando a Palermo o Nino Di Guardo a Misterbianco dopo le ultime elezioni amministrative) ha sempre il suo valore d’attrazione nei confronti di un elettorato seppur sfiduciato e astensionista. «Better the devil you know», direbbero gli americani. Il popolo siciliano, poco avvezzo a stravolgimenti politici, salvo clamorosi colpi di scena, probabilmente opterà per questa scelta.

3) È stata una campagna pop dicevamo. Pop perché, come spiega bene Gianpietro Mazzoleni, fatti e personaggi, storie e parole, che appartengono al territorio della politica diventano grazie ai media e soprattutto alla televisione realtà familiari, soggetti di curiosità e interesse, argomenti di discussione, fonti anche di divertimento, alla pari di altre storie e di altri personaggi che appartengono al mondo dello spettacolo. E gli esempi si sprecano: dalla dichiarazione di Crocetta -«Se vinco basta sesso» – all’attraversata dello Stretto di Messina di Grillo, dalla battuta di pesca di Micciché alla passeggiata in centro di Cateno De Luca con abiti folkloristici siciliani. E l’elenco potrebbe allungarsi di molto.

4) Le sorprese sono dietro l’angolo. Anche se gli ultimi sondaggi disponibili davano un alto tasso di sfiducia nei partiti e di gente ancora indecisa per chi votare (dato che si affievolisce nella maggior parte dei casi con l’avvicinarsi della votazione), non bisogna sottovalutare troppo questo aspetto. Secondo Michael Schudson siamo di fronte a un «cittadino monitorante» che tiene un occhio svagato sulle vicende politiche, o è distratto da altre attività primarie dell’esistenza quotidiana, e che però è in grado di mostrare eventualmente una sufficiente competenza politica perché è in realtà vigile sulle cose che contano per lui, capace di attivarsi sulle questioni che lo toccano da vicino.

Anche se la corsa ormai sembra essersi ristretta solo tra Crocetta e Musumeci, una sola variabile impazzita potrebbe cambiare l’esito delle elezioni per un candidato o l’altro. Ma l’elemento più profondo di dibattito, aldilà di chi andrà a governare, resta sempre l’ingovernabilità che i siciliani dovranno fronteggiare per altri cinque (forse meno?) anni.


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