Si può decidere di staccare la spina

Come tutti sanno la lunga vicenda di Terri Schiavo ha riaperto il dibattito su un tema scottante: l’ eutanasia. Alla statunitense, in stato vegetativo da quindici anni, era stato staccato l’alimentatore che la teneva in vita il 18 marzo scorso. E’ morta quindi di fame e di sete 13 giorni dopo. La donna, suo malgrado, ha spaccato l’America e l’ Europa in due nette fazioni: coloro che hanno appoggiato la scelta del marito, richiamandosi alla libertà “di scegliere la morte”, e coloro che, al contrario si sono appellati al diritto alla vita nel tentativo di salvarla. I lettori di Step1 si sono perfettamente divisi tra le due posizioni: dei 57 votanti, sono 24 coloro che hanno considerato l’eutanasia un diritto di Terri, 23 quelli che invece hanno preferito la definizione di “omicidio”. Noi ne abbiamo parlato col prof Gaetano Vittone, docente di bioetica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia.

Il caso di Terri ha riportato alla ribalta il dilemma etico sulla “morte dolce”. Professore, lei cosa ne pensa? 

Non è una domanda facile. Soprattutto per me che insegno filosofia. E’ difficile dire di essere favorevoli o contrari perché si possono portare molti esempi che confermino la validità dell’ una o dell’altra tesi. Credo che il problema si deve impostare in maniera diversa da quella a cui siamo abituati.

In che modo?

Capendo che qui il concetto fondamentale è quello di vita, non quello di morte. Poiché sono convinto, in modo laico, che la vita è la cosa migliore che l’uomo abbia tra le mani – perché significa ‘essere’, cioè un verbo, non un sostantivo- credo che su queste cose si possa scegliere. La vita non è un ‘dato’, non la subiamo. E’ un modo di essere su cui possiamo fare le nostre scelte. Come si ha un diritto alla vita, si può avere un diritto alla morte, che naturalmente deve essere ben regolamentato..

E perché è così difficile legiferare su temi che hanno una implicazione fortemente etica (eutanasia, procreazione assistita, aborto)?

Perché si ritiene che l’uomo, avendo messo mani sulla vita, non deve assolutamente toccare ciò che non gli appartiene in quanto dono di Dio. Io non approvo questa concezione per due motivi. Primo, perché se si è non credenti si ha comunque diritto al massimo rispetto della propria opinione. Secondo, perché se si è credenti e si considera la vita un dono, si dovrebbe capire che riceverlo dà la facoltà di decidere che farne. David Hume diceva che se Dio ci ha dato le facoltà umane, lo ha fatto perché ne facessimo liberamente uso, non per chiedere a lui come agire.

Lei quindi è per la libertà dell’individuo e del paziente…

Si, anche se tendo a credere che, vivendo in tempi cupi, in cui prevale una ‘cultura di morte alla Bush’, sia necessario un po’ di cautela. Non siamo ancora maturi per elaborare una legge estensiva. Ma un inizio di legge per combattere i casi più eclatanti o per combattere l’accanimento terapeutico sarebbe la benvenuta. Sono per la libertà del paziente, ma intesa come regolamentazione che amplii le sue possibilità di scelta, non libertà di fare per forza ciò che si vuole, soprattutto quando ci riferiamo all’ eutanasia attiva.

Secondo lei il fatto che i media parlino di eutanasia ha un effetto positivo sul pubblico?

Certo, molto positivo. Ma bisogna vedere in che termini ne parlano. Molto spesso la discussione è ideologicamente già impostata, dando per scontato che l’eutanasia non si debba praticare. E’ un problema generale, non riguarda solo i media italiani. Invece si dovrebbe semplicemente porre la questione.

Come commenta il caso di Terri Schiavo?

Su questo non mi pronuncio perché non ho i dati obiettivi per farlo. Tendo comunque a credere che il suo fosse effettivamente uno stato vegetativo. Ma farla morire di fame, una volta che la decisione era già stata presa, la reputo una vigliaccata. E reputo una bassezza anche che un presidente come Bush, che si intende di morte, si metta a parlare di vita solo per avere un riscontro elettorale.

Perché si è parlato di Terri e non delle altre migliaia di persone nel suo stesso stato?

Perché indubbiamente Terri ha rappresentato una problematica grossa, è l’emblema di qualcosa su cui non sappiamo ancora scegliere.. mentre abbiamo già scelto di far morire centinaia di bambini nel terzo mondo…

Domanda finale. Se Terri fosse stata sua moglie, o sua figlia, avrebbe staccato l’alimentatore?

Avrei avuto in mano gli elementi per decidere.. Avrei potuto decidere di farlo. Non considero l’eutanasia una cosa che non si deve assolutamente fare. Si può decidere di staccare la spina. Poi personalmente sono convinto che un marito che vuol bene a sua moglie, dopo quindici anni, capisce se è il caso di staccare o no la spina.  Il rapporto che si instaura tra la persona in stato vegetativo e coloro che le stanno accanto è certamente particolare. Ha tempi lunghi, non si decide mai in ventiquattr’ore. Si ha il tempo di riflettere, capire e decidere.

Silvia Lo Re

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