Questa storia mi è successa ieri. L’ho vissuta veramente. Ma poi, a ripensarci, mi è sembrata la traccia per farne la sceneggiatura di un cortometraggio.
Ero alla fermata dell’autobus. E, come sempre in questi luoghi, capita di trovarsi seduti accanto a cento persone: dai bambini in braccio alle mamme, alle signore anziane con tremila buste della spesa, ai ragazzini usciti di scuola, ai soliti personaggi che vanno dai folli agli alcolizzati.
Avevo beccato uno di quest’ultimi, un vecchietto appena uscito fuori da una botte di vino (almeno era questo l’odore) e mi stavo intrattenendo con un pò di sospetto, ma allo stesso tempo con tenerezza, a disquisire con lui se a Palermo facessero la pasta coi ricci come a Catania (il tipo stava veramente fuori). Arriva un tizio, totalmente nordafricano, e chiede se l’autobus è già passato. Gli rispondo di no. Bene, lui posa una busta di carta tra me e l’enologo, e scappa via correndo…
Nel frattempo, continuo a parlare col vecchietto totalmente ubriaco, di masculini, di sogliole, orate, gamb… “Ma aspetta un attimo”, mi dico. E lì la mia mente parte per un film che si snoda sulle tracce della sceneggiatura quotidiana dei nostri telegiornali, che ci martellano parlando costantemente del nemico numero uno, lui, il terrorismo.
Ho tutti gli ingredienti per farmi il film: il tipo “ARABO”, il pacco incustodito, la sua fuga, la fermata dell’autobus, tutti i telegiornali che guardo (specie la Cnn), tutti gli avvisi negli aeroporti e nelle metropolitane su pacchi incustoditi che ho sentito durante i miei viaggi, tutti gli eroici discorsi dei capi di governo che ho sentito (anche se però non mi quadra il fatto che manca il protagonista, e cioè il kamikaze). Comunque forse stavolta finalmente ci siamo! Sono convinta che sia un attentato..
Prima di entrare in totale paranoia e mettermi gridare, mi viene la bella idea di toccare quella busta (proprietà di un’altra persona), per vedere se la consistenza è solida (come se fossi un’esperta artificiera). Socchiudo gli occhi e affondo un dito tremolante dentro il pacco. Perle di sudore sulla mia fronte, battiti un po’ accelerati. E mentre stringo i denti… mi accorgo di aver fatto un buco dentro la soffice e calda mollica di un un cucciddatu da mezzo chilo. Quel pacchettino che aveva ispirato le mie follie visionarie era PANE!
Mi do quattro schiaffi e riprendo a parlare col vecchietto. Che adesso mi sembra una persona tanto per bene. E così normale!
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