Se la camera lo approvera' con la maggioranza qualificata si evitera' il referendum. All'orizzonte si profila una 'riforma' tesa a ridurre gli spazi di democrazia per rafforzare il potere delle massoneria bancarie e finanziarie sul nostro paese. Il siciliano corradino mineo si e' astenuto. Alla faccia del pd che, incredibilmente sta avallando questo scempio
“Sì” del Senato alle modifiche alla Costituzione. L’ombra della P 2
SE LA CAMERA LO APPROVERA’ CON LA MAGGIORANZA QUALIFICATA SI EVITERA’ IL REFERENDUM. ALL’ORIZZONTE SI PROFILA UNA ‘RIFORMA’ TESA A RIDURRE GLI SPAZI DI DEMOCRAZIA PER RAFFORZARE IL POTERE DELLE MASSONERIA BANCARIE E FINANZIARIE SUL NOSTRO PAESE. IL SICILIANO CORRADINO MINEO SI E’ ASTENUTO. ALLA FACCIA DEL PD CHE, INCREDIBILMENTE STA AVALLANDO QUESTO SCEMPIO
Il Senato ha approvato oggi il disegno di legge costituzionale che dà vita al “Comitato parlamentare per le riforme costituzionali”. La parola passa adesso alla Camera dei deputati, che ha già votato il 10 settembre. Di fatto, viene proposta una profonda modifica della nostra Costituzione che, secondo molti osservatori, è stata pensata dalla P 2 di Licio Gelli, consorteria massonica che, lo ricordiamo, dopo polemiche feroci, indagini e una Commissione parlamentare d’inchiesta, è uscita ‘pulita’ dalle Aule dei Tribunali.
La proposta di ‘mutazione piduista’ della Costituzione è passata per soli quattro voti. Il segno che, moti senatori, forse, si sono ricordati che personaggi della P 2 sono ancora oggi presenti in Parlamento.
Hanno votato sì 218 senatori: il quorum dei due terzi, come già ricordato, è stato superato per appena quattro voti.
Se Montecitorio confermerà questo voto si eviterà il possibile ricorso al referendum confermativo previsto dall’articolo 138 della Costituzione.
Contrari la ‘riforma’ hanno votato i 58 senatori di Lega nord, il Movimento 5 Stelle, Sel, mentre gli astenuti sono stati 12. Tra questi tre del Pdl, Augusto Minzolini, Francesco Nitto Palma e Ciro Falanga. Questi esponenti berlusconiani si sono astenuti non perché contrari alla riforma costituzionale, ma perché in dissenso dal loro gruppo che ha escluso dal futuro papocchio costituzionale la riforma della giustizia.
Si è astenuto – questo invece perché persona seria – il senatore del PD, Corradino Mineo, che fa onore alla Sicilia: sia perché siciliano, sia perché eletto nel PD in Sicilia, sia perché ha votato contro una legge piduista.
Secondo i calcoli dei Cinque Stelle, l’astensione è stata maggiore nel Pdl, se è vero che 11 senatori di questo Partito non hanno preso parte al voto. mentre nel PD si è astenuti Felice Casson, mentre il già citato Mineo, Tocci, Amati e Turano non hanno partecipato al voto.
La legge costituzional-piduista avrebbe dovuto beccare 239 voti. Invece ne sono mancati 19.
Un altro ‘scienziato’ del Pdl, Roberto Formigoni, ha detto che qualcuno ha tentato di far cadere il governo. Ma il tentativo (purtroppo aggiungiamo noi ndr) è fallito. Basta leggere lelenco dei senatori di maggioranza che si sono astenuti nel voto per listituzione del comitato per le riforme, o che pure essendo presenti in aula non hanno votato. Soprattutto allinterno del Pdl è necessario un confronto serio, onesto e definitivo.
Il Senato, oggi, ha votato nonostante le proteste di tantissimi cittadini e costituzionalisti che il 12 ottobre scorso hanno manifestato, a Roma, contro la riforma della Costituzione frutto, oltre che dei retaggi sinistri e massonici del passato, del Governo delle larghe intese.
Il provvedimento, una volta approvato anche alla Camera per la seconda volta, consegnerà a un Comitato di 42 parlamentari (20 senatori e 20 deputati, più i presidenti delle commissioni Affari costituzionali) il compito di riscrivere i titoli I, II, III e V della seconda parte della Costituzione, riguardanti Parlamento, presidente della Repubblica, governo, Regioni, Province e Comuni.
In pratica, 42 persone riscriveranno mezza Costituzione. Un delirio, perché questo compito avrebbe dovuto essere affidato a un’Assemblea Costituente (in democrazia, almeno, si da così).
Per accelerare i tempi, il disegno di legge si mette sotto i piedi anche larticolo 138 della stessa Carta costituzionale, dimezzando da tre mesi a 45 giorni lintervallo tra le due ‘letture’ con cui le Camere approveranno la futura legge di riforma.