La famiglia che lo scorso weekend si è accampata davanti Palazzo delle Aquile ha trovato una sistemazione provvisoria. Rimane il problema del diritto al tetto. Il Comitato Prendo Casa propone l'autorecupero e l'assegnazione dei beni confiscati agli indigenti, mentre il Comune punta sui 21 milioni di euro del Pon Metro
Sgombero via Maqueda, si attendono soluzioni Mattina: «L’obiettivo è l’autonomia abitativa»
Piazza Pretoria lo scorso weekend si è presentata col duplice e caratteristico volto di Palermo. Da una parte le folle di turisti e le frotte di scolaresche che, approfittando della manifestazione Le Vie Dei Tesori, hanno scoperto gli splendori di Palazzo delle Aquile. E di fronte alla sede del Comune le tende da campeggio di chi attendeva dalle istituzioni una soluzione alla questione abitativa. Dopo lo sgombero del 19 ottobre, alcune famiglie che avevano occupato Palazzo Grassellini – nella centralissima e pedonale via Maqueda – e che non avevano altri posti o persone presso cui dormire per la notte, hanno improvvisato una sistemazione in una delle aree più famose della città.
Una situazione emergenziale che al momento è stata risolta grazie all’intervento della Casa di Paolo, vale a dire i locali della vecchia farmacia Borsellino alla Kalsa che nel 2015 il fratello del magistrato ucciso dalla mafia, Salvatore, ha acquistato a proprie spese, insieme al contributo di 38mila euro che è stato raccolto dal movimento Agende Rosse. «Una famiglia, due adulti più sette figli minori che sono stati messi sulla strada senza curarsi di dove avrebbero potuto trovare un ricovero – rendono noto dalla Casa – Gli Angeli della Notte, con cui collaboriamo per dare assistenza ai senzatetto, preparando una volta alla settimana una pietanza da distribuire attraverso la loro ronda notturna, li hanno soccorsi. Se non avessero trovato un posto dove dormire i figli sarebbero stati tolti ai genitori». Che poi a Meridionews aggiungono: «La situazione è sicuramente molto delicata, in tanti sembra si stiano muovendo e speriamo che altri si facciano avanti per trovare una soluzione per questa famiglia. Noi come Casa di Paolo non potevamo permettere che quei bambini dormissero ancora per strada e quello che ci consola è che in queste sere riusciremo ad alleviare almeno un po’ la sofferenza di questa famiglia».
A sostenere tra venerdì e sabato la famiglia indigente, prima della soluzione offerta dalla Casa di Paolo che non può che essere provvisoria, era stato anche il comitato Prendo Casa. «Si tratta del secondo sgombero, dopo quello di luglio – dicono gli attivisti Carlo Mancuso e Salvatore Genovese -. Palazzo Grassellini era di proprietà dell’Opera Pia, che l’ha venduto a un privato che ne ha reclamato l’utilizzo. È sempre più chiaro che si vuole creare un centro storico a mò di vetrina, mentre i problemi sociali vengono confinati nelle periferie». Da cinque anni il comitato Prendo Casa sostiene alcune proposte che intendono affrontare di petto la questione abitativa (continuare a chiamarla emergenza è etimologicamente e concettualmente inesatto). «Chiediamo la possibilità dell’autorecupero dei beni immobili – continuano Mancuso e Genovese -. La città è piena di maestranze qualificate, dagli elettricisti ai muratori, che sono capaci di recuperare palazzi fatiscenti e renderli abitabili per se stessi e altri. Inoltre chiediamo che parte dei beni confiscati alla mafia possano essere destinati a chi una casa non ce l’ha. Tra l’altro la Sicilia, essendo a statuto speciale, potrebbe agire sul tema in autonomia. Già Lazio e Toscana hanno creato norme regionali sulla questione abitativa. Le soluzioni ci sono, quel che manca secondo noi è una volontà politica».
Un’affermazione che non piace all’assessore alla Cittadinanza Sociale Giuseppe Mattina. «Negli ultimi due mesi tutte le famiglie e i singoli che stavano a Palazzo Grassellini hanno avuto proposto un progetto e un’attività di sostegno – afferma -. È rimasta fuori una famiglia che non è tra l’altro residente nel Comune di Palermo ma a Mazara. Ecco perché per loro non abbiamo potuto attivare le procedure necessarie. Voglio sottolineare poi che molte delle famiglie che avevano fatto la prima occupazione non erano presenti al secondo sgombero, segno che le misure di accompagnamento e sostegno che abbiamo messo in campo hanno funzionato».
Ma a Palermo si continua a dormire per strada, e le occupazioni di palazzi abbandonati persistono. «Sono disponibile a trovare soluzioni diverse e innovative», dice l’assessore, che poi entra nel merito delle proposte sollevate dal comitato Prendo Casa: «La quasi totalità degli appartamenti di abitazione civile che sono pervenuti nella disponibilità del Comune o dell’Agenzia per i beni confiscati sono stati già dati a famiglie in graduatorie. I beni destinati ad altro sono molto pochi e non si tratta quasi mai di appartamenti. Sul recupero e la manutenzione stiamo lavorando per recuperare ulteriori 45 appartamenti da dare alle famiglie, siamo in fase di sistemazione e strutturazione. Inoltre stiamo verificando le graduatorie di emergenza abitativa, e anche qui siamo alla fase finale».
Dopo il freddo glaciale dello scorso anno, il timore è che però non si faccia in tempo. E che ci si ritrovi nuovamente coi senzatetto a gelare per strada. «Sono tutte misure che stanno per partire in tempi brevissimi – rassicura Messina -. E sono già finanziate dal Pon Metro per 21 milioni. A breve nascerà anche l’Agenzia per la Casa (una misura da nove milioni di euro), che avrà il compito di coordinare tutti gli interventi sulla questione abitativa. E siccome sappiamo che a Palermo ci sono molte case vuote e contemporaneamente molte persone che un tetto sopra la testa non ce l’hanno, chiediamo di attivare soluzioni condivise, perché il problema riguarda l’intera città. Da parte nostra siamo disponibili a parlare con tutti: associazioni, volontari, sindacati degli inquilini e dei proprietari. Il nostro obiettivo principale – conclude l’assessore – rimane l’autonomia abitativa, col Comune che si fa carico delle persone in difficoltà attivando per ciascuno di esse modalità diverse per persone diverse».