Il voto di sfiducia a Schifani, tra interventi appassionati, ma poca suspense: «In nome di Dio, andatevene»

Niente di fatto. Come nel Monopoli, chi pesca la carta che indica Vai al via! ricomincia da capo. E quella carta è stata pescata dall’opposizione al governo regionale di Renato Schifani. Opposizione che, al momento del voto sulla mozione di sfiducia al governatore, ha incassato 26 voti a favore a fronte dei 36 necessari. Contrari alla mozione 41 voti. Tutta la maggioranza, insomma, tranne i tre deputati assenti: De Leo, Ferrara e Pace. Una lunga seduta all’Ars, durata circa cinque ore, che non passerà alla storia. Seppure tra movimentati interventi pro-sfiducia e la risposta di Schifani.

L’intervento del M5s

Percussivo, come un martello pneumatico, il mood dell’opposizione. A partire da Antonio De Luca, capogruppo del M5s che, nel suo intervento, ripercorre «diversi nodi». Quelli che, secondo il giudizio delle opposizioni, «non sono mai stati risolti. Innanzitutto, quelli relativi alla sanità». E non ha scusato a Schifani neanche l’autopremiazione dei giorni scorsi: «La nomino ambasciatore dei proclami fasulli, considerato che finora solo questo ha fatto, a partire dall’annuncio dell’azzeramento delle liste d’attesa fatto un anno e mezzo fa e, purtroppo, ancora oggi più vive che mai. C’è poi la lotta contro la raccomandocrazia, che lei affermò essere una delle principali scommesse del suo governo. Ma che il caso Cuffaro, solo per fare un esempio, ha clamorosamente smentito». E, con una citazione presa in prestito dalle parole con cui Oliver Cromwell, nel 1653, sciolse un Parlamento inglese corrotto, inconcludente e aggrappato ai propri privilegi, De Luca conclude: «In nome di Dio, andatevene».

L’intervento del Pd

Non di meno incisivo il capogruppo del Pd, Michele Catanzaro. «Questo governo ha fallito qualsiasi motivo per rimanere in carica – dice in aula – Siamo in una paralisi senza futuro, visto che non sono state spezzate le catene del clientelismo». Un governo, per i democratici siciliani, che non ha «sviluppato gli anticorpi» per ripristinare la legalità necessaria a un governo degno del nome. Un governo «senza programmazione e che procede con approssimazione», continua. Durante la lunga seduta, il presidente Schifani si è allontanato dall’aula in diverse occasioni. Anche se per pochi minuti.

Gli interventi in aula prima del voto alla mozione di sfiducia verso il presidente della Regione Schifani

L’intervento di Controcorrente

Ismaele La Vardera, leader di Controcorrente, nel prendere la parola, ha evidenziato l’assenza del governatore come mancanza di rispetto istituzionale e affronto ai cittadini siciliani. «Assenze tecniche», ha poi spiegato il governatore, scusandosi. Anche da La Vardera, comunque, sono partite una serie di argomentate contestazioni. Non senza note di colore, come la definizione di Totò Schifani, segno della sua sudditanza al presunto cerchio magico su cui indaga la procura di Palermo. Senza dimenticare la prescrizione nel procedimento sul caso di Antonello Montante, grazie alla quale – sottolinea La Vardera – Schifani siede sul suo scranno. Un passaggio è stato poi dedicato alla vicenda della spiaggia di Mondello e della società concessionaria Italo Belga. Accusando la Regione di «non aver visto, controllato e agito» per anni, nei confronti di quello che sembra essere un incredibile illecito. «Ne risponderete alla storia», conclude La Vardera.

Strali e appelli alla maggioranza

Interventi accorati e, spesso, urlati, da parte dei deputati dell’opposizione. Che hanno ricordato anche la richiesta di rinvio a giudizio per il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, esponente di Fratelli d’Italia, per reati come corruzione e peculato. Invocati anche i franchi tiratori, con la richiesta di schierarsi, mettendoci la faccia. L’onorevole Gianfranco Miccichè, dal canto suo, dichiara a MeridioNews: «Il mio voto non può essere che un atto di fiducia al governo Schifani», anche in virtù «degli accordi presi nel 2022». In occasione della competizione elettorale che ha visto la vittoria della attuale coalizione di governo. E così è stato.

L’intervento di Cracolici, presidente dell’Antimafia regionale

«Non si tratta solo di un diritto espresso dalle opposizioni – dichiara in aula Antonello Cracolici, deputato e presidente della commissione Antimafia regionale -, ma di un passo necessario per spezzare le catene della Sicilia del cuffaresimo. In cui molti, anzi troppi, purtroppo, cittadini siciliani sono vittima di piccoli interessi personali». Spesso, prosegue Cracolici, «il cittadino medio pensa che i vari fatti di corruzione siano frutto di episodi singoli. Ma le indagini ci restituiscono un panorama più ampio, organizzato e sistemico. Con la politica che ha guardato senza vedere e la Sicilia diventata una terra di predatori». Popolata anche da «faccendieri e intermediari che hanno ricominciato a frequentare i corridoi dei palazzi del potere».

L’intervento (e la suspense) di Cateno De Luca

Tra gli interventi, atteso quello di Cateno De Luca, leader di Sud chiama Nord, che nei giorni scorsi aveva annunciato l’appoggio alla mozione di sfiducia verso Schifani. Per poi, oggi, rimandare tutto al voto. Comunque coerente, con il voto favorevole alla sfiducia, insieme agli altri due deputati del gruppo. De Luca ha snocciolato cifre e statistiche relative all’elezione del 2022. E ha parlato del ruolo super partes che il presidente della Regione dovrebbe avere, come «un sindaco di Sicilia». Magari in un futuro governo frutto di una lista civica e non dei partiti. Un intervento dal taglio di un atto d’accusa.

La maggioranza, tra dictat di partito e fughe in avanti

Ma non sono mancati gli strali interni alla maggioranza. Come la dichiarazione di Vincenzo Figuccia, deputato questore della Lega all’Ars, che dichiara: «Serve un grande senso di responsabilità da parte di tutti, aldilà degli schieramenti. Dalle opposizioni stanno emergendo aspetti rilevanti che meritano approfondimento e scelte coraggiose». Senza escludere «colpi di scena». Per poi, interventi a parte, votare contro la mozione di sfiducia a Schifani. Per il resto, da parte della maggioranza, si sono succeduti interventi di legittimazione dell’operato del governo regionale. Invocando spesso la qualità delle scelte collegiali operate. Definendo la mozione dell’opposizione un’operazione di propaganda e non di sostanza.

Silenzio in aula, parla Schifani

Dal canto suo, il presidente Schifani, durante il suo intervento che ha concluso il dibattito, ha snocciolato la sua «politica del fare». Evidenziando come le scelte nei confronti dell’indagine su Cuffaro e i cuffariani siano state dovute alla sua «cultura garantista da avvocato». In cui tutti hanno il diritto di essere ritenuti innocenti fino terzo grado di giudizio. Schifani ha inoltre vantato il suo modus operandi, a base di trasparenza e legalità. Rinfacciando alle opposizioni di non aver prodotto una sola idea, un solo contributo percorribile, preferendo invece «insultare e infangare». Assente nel discorso del presidente il tema – centrale per i cittadini e contestato dalle opposizioni – della sanità. Ma, alla fine, contano i voti. E il risultato delle urne è stato tranchant: con la mozione respinta con 26 voti a favore e 41 contrari.

Le prospettive della politica siciliana

Un voto concluso tra la promessa di battaglia delle opposizioni e le lotte mai sopite nella maggioranza. Con il coordinatore nazionale di Forza Italia Antonio Tajani che sembra aver intenzione di ripulire l’immagine degli azzurri in Sicilia. Ma si profilano all’orizzonte anche le questioni interne all’opposizione. Tra cui un programma condiviso e, magari, un leader da presentare alle elezioni Regionali 2027. O anche solo un metodo per sceglierlo, tra favorevoli e non troppo contrari ma neanche favorevoli alle primarie. Al momento, in ogni caso, si conta già l’autocandidatura di La Vardera. Che intende contare sui territori i voti del suo movimento Controcorrente, per pesare gli eventuali accordi.


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