Nel secondo anniversario della sua morte, al Monastero dei Benedettini di Catania, è stato consegnato il premio per tesi di laurea intitolato alla memoria di Enrico Escher, fondatore nel 2004 di Step1 e primo direttore. Davanti ai colleghi della stampa e alle istituzioni, la redazione ha voluto ricordarlo con una promessa: non sarà uno sfratto a fermarci
“Sette anni e mai un inchino”
Quando due anni fa abbiamo saputo che Enrico Escher, il primo Direttore del nostro giornale, non c’era più, è stato come se una parte magnifica delle nostre vite all’interno dell’università fosse esplosa, liberando nelle nostre menti frammenti di ricordi che il tempo aveva accantonato. Le riunioni all’aperto, con le sedie in circolo attorno al Prof. La maratona per le elezioni politiche, la prima volta che abbiamo giocato a fare i giornalisti seri e abbiamo vinto contro le testate nazionali che arrancavano dietro di noi. In molti si saranno ricordati della prima visita nell’aula 24: finalmente una stanza dove incontrarsi, dei computer per scrivere pezzi e aggiornare il sito, un telefono per fare la chiamata mattutina al Direttore.
In questi anni, anche dopo le dimissioni del professor Escher, Step1 si è guadagnato una fama locale e nazionale che nessuno di noi avrebbe immaginato sette anni fa. Una decina di giornalisti pubblicisti e due praticanti, la partecipazione ogni anno al Festival del giornalismo di Perugia, il secondo posto al premio Ischia, la vittoria del premio Eretici digitali, la menzione speciale al premio Impastato. E nel frattempo siamo diventati delle fonti, siamo giudicati attendibili.
Oggi ci sarebbe piaciuto ricordare il professor Escher attraverso i suoi progetti e i successi dei suoi ragazzi. Oggi, invece, vi dobbiamo raccontare di come stiamo assistendo alla morte di quell’ambizioso piano editoriale.
Negli ultimi mesi Radio Zammù è stata messa all’angolo e costretta a scegliere tra la continuità del solo nome della testata e la correttezza, la professionalità, la progettualità. Nascondendosi dietro un assordante silenzio, l’Università non ha spiegato, non ha parlato, non ha mostrato interesse.
Da giovedì scorso, l’Ateneo ha rivolto il proprio sguardo accusatorio su Step1. E’ stata chiesta l’immediata chiusura dell’aula 24, la nostra aula, adducendo a problematiche di carattere strutturale. L’aula era stata chiesta in gestione da Upress, l’associazione che unisce Step1 e Radio Zammù e che ha come obiettivo la tutela del giornalismo universitario. Un’associazione che conta tra i suoi iscritti moltissimi docenti e studenti dell’università, che ha ricevuto un contributo dallo stesso Ateneo… Ma adesso alla facoltà di Lingue, nostro editore, è arrivata una richiesta di sfratto per i suoi studenti.
Oggi, purtroppo, vi dobbiamo comunicare che non abbiamo certezze sul nostro futuro. La necessità di un luogo fisico non è tanto legata alla “palestra di giornalismo” ma più in generale alla fattura quotidiana di un giornale vero, non una fanzine o un portalino o un superblog dilettantistico fatto da studenti. Step1 è un luogo dove si impara, ci si confronta e solo in un secondo momento si scrive. Ma è anche un vero giornale che ha un suo ruolo, una sua autorevolezza, un suo pubblico.
Chi ha il compito di insegnare, di creare un ambiente nel quale il dialogo costante è supremo, ci sta dimostrando che al momento non c’è spazio per le parole.
Al silenzio di chi guida il nostro Ateneo rispondiamo con il silenzio del nostro giornale. Ma non chinando il capo, quello i nostri direttori e i nostri tutor non ce l’hanno insegnato. Nel suo editoriale del 2005, dopo aver annunciato la nuova release del sito e la registrazione della testata, Enrico Escher lascia un avvertimento: “non saremo riverenti: con niente e con nessuno”. E qualsiasi cosa ci riservi il futuro, che questa città si ricordi quel monito. Non basterà mandarci via dal luogo nel quale siamo nati.
I ragazzi di Step1 non se ne andranno facilmente.