Serve, oggi, la commissione antimafia?

Sabato a Genova si è celebrato l’incontro annuale che l’associazione ‘Libera’ organizza per promuovere la lotta alle mafie del nostro Paese. Un’iniziativa benemerita che don Luigi Ciotti da anni ormai persegue con grande seguito di popolo. La scelta di Genova non è casuale: in Liguria sono stati sciolte due amministrazioni comunali per infiltrazioni mafiose. Questa è la ragione per la quale ci sentiamo motivati ad occuparcene.

Sino alla metà del secolo scorso il fenomeno mafioso era presente soltanto in alcune zone della Sicilia occidentale e Palermo ne era la ‘capitale’. In mezzo secolo il fenomeno si è esteso in modo capillare ed organico su tutto il territorio nazionale ed oltre. Che dire?

Intanto che l’allargamento di tale fenomeno è stato per primo denunciato dai siciliani fin dagli anni Sessanta del secolo scorso e, per farne prendere consapevolezza alla società nazionale ed alle istituzioni, di tempo ce n’è voluto tanto. Alfiere di questa battaglia è stato Pio La Torre, il quale ha pagato molto caro il costo di questo suo impegno. E’ stata costituita con legge dello Stato la commissione parlamentare antimafia (il riferimento èa quella espressa dai due rami del parlamento nazionale, per distinguerla dalla commissione antimafia dell’Assemblea regionale siciliana) che da circa mezzo secolo si occupa di studiare il fenomeno con risultati assai modesti, se si considera che, in coincidenza con l’attività del lavoro della commissione bicamerale, la mafia ha fatto registrare il suo massimo ampliamento territoriale e la sua massima influenza nel mondo della finanza, degli appalti ad ogni latitudine, e del potere di intervento negli orientamenti dell’alta finanza (il Banco Ambrosiano docet e non è estraneo nemmeno l’Istituto per le Opere di Religione).

Da qui la domanda: ma che ci sta a fare ancora la commissione nazionale antimafia? A che serve? Vorremmo sentire da essa un pronunciamento, sulla base di analisi concrete, sul fenomeno degli “scappati”. Di quei mafiosi che quando sono in pericolo nelle loro zone d’influenza riparano negli Stati Uniti d’America e non da clandestini, ma come ospiti permanenti, con visti turistici di lunga durata e, in apparenza, senza che abbiano interessi economici in quel grande Paese. Epperò trovano lì riparo e protezione. Ci sarà pure una ragione a conforto di questo fenomeno: ecco, vorremmo conoscere in qualche relazione della commissione nazionale antimafia se questo fenomeno ha avuto occasione di approfondimento e quali conclusioni da questi approfondimenti abbia ricavato.

Si dice che in questi ultimi anni siano stati inferti colpi decisivi al fenomeno mafioso e al suo patrimonio. E’ vero, ma non è altrettanto diffusa la verità storica che individua nella Direzione Investigativa Antimafia – creatura voluta e realizzata ancora una volta dal siciliano Giovanni Falcone, il quale anche lui ha pagato a carissimo prezzo questa sua ‘innovazione’ – e invece la grancassa informativa attribuisce al governo Berlusconi e, segnatamente, al suo ministro degli Interni il lavoro svolto da magistrati e forze dell’ordine coordinati dalla Dia, a sua volta guidata dal magistrato siciliano Piero Grasso.

Siamo curiosi di conoscere in quale località il prossimo anno si svolgerà la marcia di Libera. Di certo sarà un’altra località del Nord Italia, perché è li che gli interessi della mafia globalizzata trovano terreno fertile alla loro affermazione e proliferazione.

foto di Pio La Torre tratta da piolatorre.it

 

Riccardo Gueci

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