Il Gico della guardia di finanza di Catania ha eseguito il provvedimento emesso dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale. Leonardi, 42 anni, è stato arrestato a gennaio. La sua competenza sarebbe stata messa a disposizione dei Carcagnusi
Sequestro da 20 milioni all’uomo in mano ai Mazzei I traffici di gasolio dell’imprenditore Sergio Leonardi
Una storia imprenditoriale impastata con Cosa nostra. Dieci anni almeno in cui gli appetiti dei clan si sono sposati con le competenze di un imprenditore che era diventato punto di riferimento per il commercio di prodotti petrofileri. Specialmente per quanti erano interessati a raggirare le normative, riuscendo a lucrare ingenti profitti a spese dello Stato. Questo il profilo che i giudici della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Catania fanno di Sergio Leonardi, 42enne coinvolto a gennaio nell’operazione Vento di Scirocco. All’uomo oggi è stato sequestrato un patrimonio di oltre 20 milioni di euro.
Gli uomini del Gico di Catania hanno messo i sigilli a una lista di società localizzate tra il Catanese e la provincia di Siracusa, alcune delle quali gestite tramite una rete di prestanomi. Oltre a una ditta individuale con sede a Sant’Agata li Battiati, il sequestro riguarda L.B.S. Trading, Petrol Sel, Esse Elle Petroli, Lubricarbo, Etnacarbo, nonché la ditta individuale F.G. Oil di Gioacchino Falsaperla. Per quanto riguarda la Petrol Sel, gli inquirenti, in base a un’intercettazione in cui a parlare è lo stesso Leonardi, ritengono che metà delle risorse provengano dal clan Mazzei.
Stando a quanto emerso dalle indagini, anche patrimoniali, non ci sono dubbi per gli investigatori: la fortuna di Leonardi è legata a doppio filo alla vicinanza alla mafia. Contiguità che nel tempo avrebbe dato vita a vantaggi per entrambe le parti. Che il tenore di vita dell’uomo e della consorte, figlia del boss Pippo Sciuto e nipote del capomafia Biagio, potesse derivare esclusivamente da quanto dichiarato al fisco sembrerebbe improbabile: Leonardi nel 2012 dichiarò un euro di redditi, mentre la cifra maggiore risale al 2015, poco più di trentamila euro.
Per il 42enne i primi problemi con la giustizia risalgono al 2005, quando, ancora 27enne, viene condannato per reati edilizi a pagare una multa di novemila euro. Dieci anni dopo, invece, la condanna per furto continuato. Ma è nel 2016 che le procure iniziano a incrociare il suo nome con gli affari torbidi che si muovono con il gasolio: prima una denuncia per sottrazione del pagamento delle accise, poi nel 2017 l’arresto nell’operazione denominata Nespola. Il blitz riguardò quasi un centinaio di persone, tutte impegnate a contrabbandare gasolio nel Meridione. Due anni fa, invece, il rinvio a giudizio per l’inchiesta Illegal Fuel i cui contenuti rimandano all’indagine Dirty Oil della guardia di finanza di Catania sul contrabbando di gasolio libico, sottratto da una raffineria vicino Tripoli e immesso illecitamente in Italia, dopo essere passato da Malta.
L’excursus si completa quest’anno con l’arresto in Vento di Scirocco, che per la prima volta ha portato in primo piano i rapporti di Leonardi con gli uomini delle cosche. A parlare di lui è stato anche il collaboratore di giustizia Salvatore Messina, spiegando il transito dell’imprenditore dall’area di influenza degli Sciuto-Tigna, a cui è legato tramite la moglie, ai Mazzei. Questi ultimi intervennero a tutelare i familiari di Biagio Sciuto in una fase in cui l’autorità di quest’ultimo era stata messa in discussione. Un favore che i Carcagnusi avrebbero deciso di farsi ricambiare entrando in affari con lo stesso Leonardi.
La ricetta perfetta per arricchirsi con il gasolio si sarebbe basata su due ingredienti: vendere gasolio agricolo come se fosse destinato ai veicoli, e così facendo usufruire della tassazione agevolata prevista dalla legge, e puntare sulla cosiddetta frode carosello per la gestione del gasolio per autotrazione. In questo caso Leonardi avrebbe utilizzato numerose società, frapponendole tra il deposito fiscale che per primo lo smerciava e il destinatario finale del carburante. Un passaggio di merci in cui, come per magia, l‘Iva finiva per non essere mai versata sfruttando anche l’esenzione prevista per le società che sono esportatori abituali.