Dobbiamo ammetterlo: a giudicare da quello che ha scritto nella relazione al Documento di programmazione economica e finanziaria 2015-2017 (Dpef), l’assessore regionale all’Economia, Alessandro Baccei, dimostra, almeno nei programmi, di essere più autonomista del presidente Rosario Crocetta. Nel Documento l’assessore richiama l’articolo 36 dello Statuto. E si dichiara favorevole all’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale dello scorso anno che, sulla territorializzazione delle imposte, ha dato ragione alla Sicilia (a differenza di Crocetta, che invece ha firmato un accordo con il governo nazionale di Matteo Renzi che rinvia di quattro anni l’applicazione di questa sentenza e di altri contenziosi).
Insomma, l’assessore Baccei stupisce un po’ tutti. E dà una risposta a quanti lo hanno definito un «commissario inviato da Roma per sbaraccare l’autonomia siciliana». Al contrario, Baccei dimostra di aver letto e meditato lo Statuto autonomistico della Sicilia. E va subito al dunque con il preciso richiamo all’articolo 36 della Carta della Regione siciliana. Il tema è quello delle entrate tributarie erariali.
«Gli uffici finanziari dello Stato – scrive Baccei – devolvono, in linea di principio, alla regione il solo gettito riscosso nell’ambito del suo territorio. La mancata applicazione del principio della capacità contributiva territoriale, unitamente ad altri fattori compensativi, hanno determinato una differenza di introito derivante dalla gestione ex Irpef e Ire». Detto in parole più semplici, Roma non riconosce alla Sicilia imposte che, invece, dovrebbero alimentare le casse regionali.
«Sulla base del criterio del maturato – scrive ancora Baccei – il riconoscimento delle imprese deve prescindere dal luogo fisico in cui avviene l’operazione contabile della riscossione. Ciò tenderebbe ad assicurare alla Regione il reddito derivante dalla capacità contributiva che si manifesta nel territorio della Regione stessa, con riferimento ai rapporti tributari che hanno in tale territorio il loro radicamento, sia in ragione della residenza fiscale del soggetto produttore del reddito colpito, che in ragione della collocazione nell’ambito territoriale regionale del fatto cui si collega il sorgere dell’obbligazione tributaria».
Ci sono dei soggetti che vivono e operano in Sicilia e che vengono pagati da Roma. Ebbene, questa capacità contributiva, si legge nella relazione, deve restare nella nostra Isola e non deve più finire nella Capitale. Cosa, questa, che assicurerebbe altre entrate alla Regione.
Quindi un passaggio molto importante sotto il profilo politico: «Detta interpretazione in favore della Regione siciliana – scrive l’assessore Baccei – peraltro già sposata dalla Corte Costituzionale precedentemente alla sentenza n. 116 del 2010, risulta di recente affermata dalla Corte stessa nella sentenza n. 207 del 2014, concernente fattispecie relative a riserve dell’Erario di maggiori entrate».
L’assessore cita la sentenza che il presidente Crocetta, nell’estate dello scorso anno, ha snobbato, firmando, come già ricordato, un accordo con il governo Renzi che rinvia di quattro anni l’applicazione di un pronunciamento della Consulta che consentirebbe alla Regione di incassare un bel po’ di quattrini. Su questo tema (e non soltanto su questo) Baccei prende una posizione molto diversa da quella del governatore.
Un altro passaggio l’assessore lo dedica ai cosiddetti accantonamenti. Sono i prelievi che, ogni anno, il governo nazionale effettua a carico del bilancio regionale. E’ un prelievo che si aggira intorno al miliardo di euro all’anno (quest’anno, per la precisione, il prelievo romano è stato di un miliardo e 112 milioni di euro). «Se si considera – scrive Baccei – che il livello delle entrate tributarie pro capite per la Sicilia è il più basso tra tutte le altre Regioni, si può facilmente dedurre che il sistema di riparto fin qui adoperato, oltre ad essere profondamente iniquo, diventa, nell’attuale momento di recessione economica, praticamente insostenibile».
Insomma, l’assessore contesta a Roma anche gli accantonamenti con i quali il governo nazionale drena soldi alla Sicilia. E precisa che richiederà la «revisione dei contributi nella misura e nella durata». Baccei annuncia inoltre che chiederà «l’esclusione totale dal patto di disabilità delle spese finanziate con i fondi extraregionali». L’assessore – ed era ora che qualcuno lo facesse – stigmatizza l’assurdità di un’Unione europea che stanzia i fondi strutturali e poi impedisce di spenderli con celerità a causa dei tetti di spesa introdotti con il patto di stabilità.
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