Se la grande crisi investe le Assicurazioni

Il nostro Paese sta attraversando forse la crisi economica peggiore dal dopoguerra ad oggi. A prima vista si direbbe che la crisi ha colpito tutti i settori (politici a parte, ovviamente). E, invece, non è così. C’è una categoria di imprese che, nonostante la crisi generalizzata sembra continuare a prosperare: le compagnie di assicurazione. Ma è davvero così? E come mai?

Quello delle assicurazioni, più he un comparto, sembra un compartimento “a chiusura stagna”. Storicamente, questo settore ha sempre risposto più lentamente, rispetto agli altri settori, alle variazioni del mercato, sia nelle fasi di crescita che nei periodi di “magra”.

Quando l’economia attraversava un periodo di grande crescita, le compagnie di assicurazioni mostravano un aumento contenuto; analogamente, quando si verificava una contrazione dell’economia, il settore assicurativo pareva riuscire a barcamenarsi e retrocedeva più lentamente. Ciò sembrava essere dovuto, in buona parte, al fatto che la libera concorrenza nel settore assicurativo italiano è quasi una chimera a causa della divisione del mercato. In Italia le prime dieci compagnie di assicurazioni si spartiscono la stragrande maggioranza (oltre l’85%) della clientela e oltre il 50% è nelle mani di soli cinque gruppi (ovviamente di grandi dimensioni).

In una simile situazione sperare che possano trovare spazio le leggi della libera concorrenza è quanto meno utopistico. La prova sta nel fatto che sono stati praticati aumenti indiscriminati delle tariffe in quasi tutti i settori assicurativi. Nonostante le misure antitrust che alcuni anni fa avevano costretto le compagnie di assicurazioni a rimborsare i propri clienti per aumenti indiscriminati delle tariffe, secondo il dato della Federconsumatori, l’aumento delle tariffe dell’ultimo decennio è stato pari al 107%.

Eppure, l’agenzia di rating Fitch, in controtendenza rispetto a quanto sembrerebbe essere l’andamento del mercato, ha previsto che il rating di molte delle compagnie di assicurazioni italiane potrebbe peggiorare (downgrade, in termini tecnici) nei prossimi mesi. Come mai una simile valutazione? Forse anche le compagnie di assicurazioni nel nostro Paese cominciano a sentire le conseguenze della cosiddetta “crisi del debito” che è conseguenza diretta della crisi dell’Eurozona?

La realtà è nascosta in un fenomeno al quale non molti analisti hanno dedicato la dovuta attenzione. Fino ad oggi, i colossi assicurativi sono riusciti a scaricare le conseguenze della crisi economica su “qualcun altro”. Infatti, è necessario fare una distinzione tra l’andamento del mercato, in termini di fatturato, delle imprese “assicurative” e quello delle imprese “distributive”, ovvero degli intermediari professionali, degli agenti e dei broker.

Il motivo per cui le grandi compagnie di assicurazioni sono riuscite con relativa facilità a salvarsi dalla crisi è da ricercare non solo nell’aumento dei costi delle polizze assicurative, ma anche nella riduzione del personale e nell’accorpamento delle mansioni.

Decisamente diversa è la situazione per le singole agenzie. In Italia le tariffe assicurative sono tra le più care d’Europa, eppure, contrariamente a quanto raccomandato dall’Organo di Vigilanza, le Compagnie d’assicurazione continuano a depotenziare le strutture liquidative sul territorio, creando un effetto a cascata che peggiora la qualità del servizio all’utenza.

Sono stati soppressi o accorpati molti uffici di liquidazione danni e la gestione delle pratiche è stata centralizzata in call center nazionali, in cui a volte opera personale con scarsa esperienza, ma che comporta per le compagnie di assicurazioni un basso costo retributivo e organizzativo (come al solito si preferisce risparmiare sul personale a scapito del servizio, ma non ci si preoccupa per le scandalose retribuzioni e le stock option del top management).

Come se ciò non bastasse, un altro evento sta assumendo dimensioni ragguardevoli (400 mila polizze nell’ultimo anno e oltre i 2 milioni di “pezzi” in cinque anni). Si stanno sempre più diffondendo i cosiddetti “comparatori” e “aggregatori”. Nati sulla considerazione del fatto che la domanda da parte di una fetta considerevole di utenti è rivolta ad una “polizza assicurativa che sia la meno costosa possibile”, propongono contratti che, a fronte di una serie di garanzie, permettono all’acquirente un risparmio rilevante.

Sfruttando la crescita di questa fascia di mercato compagnie assicurative come Chiarezza.it, Facile.it e ComparaFinanza.it, nonostante la crisi dell’ultimo periodo, hanno presentato fatturati non in calo, anzi, in qualche caso, hanno migliorato le proprie performance.

Questa è stata la strategia che ha permesso alle compagnie di assicurazione di sopravvivere alla crisi, almeno sino ad oggi. Qualcosa, però, potrebbe cambiare nel breve periodo. Alcune compagnie assicurative stanno cominciando a pagare le conseguenze della propria bramosia di crescita e di controllo del mercato. All’improvviso si sono accorte che la quantità di titoli di Stato nazionali nelle loro mani era diventata eccessiva, avendo superato i 230 miliardi di euro di titoli e, di conseguenza, l’outlook non può che essere negativo e mantenersi tale anche in futuro.

Inoltre, dalle analisi basate sui dati diffusi dall’Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) emerge un altro dei fattori che aumenta il rischio di declassamento delle compagnie assicurative e, cioè, l’eccessivo peso delle obbligazioni societarie presenti nel loro portafoglio: “Il settore assicurativo italiano è fortemente esposto alla crisi del debito della zona euro attraverso le sue partecipazioni rilevanti di debito sovrano italiano. Gli assicuratori italiani posseggono titoli di Stato per 230 miliardi di euro nei loro portafogli di investimento e circa 90 miliardi di euro di obbligazioni societarie, la maggior parte dei quali provenienti da banche.”

A ciò si aggiunge che “il rischio di credit default potrebbe essere maggiore del previsto” per le compagnie di assicurazione attive nel ramo vita. Ciò sarebbe confermato dai dati specifici (negativi) del settore che negli ultimi mesi hanno portato ad una perdita di oltre 3,4 miliardi di euro nel segmento vita (su una perdita totale di 3,7 miliardi).

A peggiorare ulteriormente le situazione nel medio-lungo periodo è la ormai quasi certa crisi del settore immobiliare (grazie alle manovre del Governo dimissionario). Il settore del “real estate” è stato ed è fonte di investimento per le compagnie assicurative, che hanno fondi basati in altissime percentuali sull’immobiliare. Lo stesso patrimonio delle compagnie assicurative poi è costituito per una parte rilevante da immobili, che deprezzandosi produrrebbero un danno per le compagnie.

In definitiva, se è pur vero che, sino ad oggi, le compagnie assicurative hanno continuato a prosperare scaricando la propria “quota di crisi” su altre imprese e continuando a dettare legge su un mercato quasi monopolistico, fra non molto potremmo assistere, per la prima volta nella storia, alla debacle di molte compagnie assicurative di minori dimensioni. Quelle di maggiori dimensioni invece continueranno a delocalizzare i servizi e a prosperare ancora per molto tempo…

 


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