Se Baricco riscrive l’Iliade

Autore: Alessandro Baricco
Titolo: “Omero, Iliade”
Editore: Feltrinelli, 2004
Prezzo: € 13,00
Dati bibliografici: pagine 163

Baricco è un grande affabulatore, ed è noto. Il fascino delle sue parole, così semplici eppure così cariche di risonanze, è caratteristica comune a tutti i suoi lavori.
Uno scrittore, certo. Ma anche un grande narratore delle sue storie.
Non è facile riuscire a portare a teatro la parola scritta, leggendola per rappresentarla, solamente leggendola, davanti ad un pubblico di non lettori come sono gli italiani medi.

Dopo il successo del reading di City, Baricco ci riprova con un’altra opera, più ambiziosa e grandiosa. L’Iliade.
Un progetto che avrebbe intimorito chiunque. Eppure il successo ottenuto dalle letture pubbliche ha confermato che la sfida è stata vinta. Lo scopo primario, oltre a quello di raccontare una storia, che è poi il fine di ogni scrittore, restituire quest’opera all’oralità, cifra peculiare della poesia antica.

Quello che ne risulta, per chi non ha assistito allo spettacolo, è un libro. Che manca dell’interpretazione vocale, ma conserva intatto il fascino del confronto. Un confronto che l’autore per primo ha istituito con l’opera originale, ma che nella lettura si rinnova ogni volta.

Il lettore si torva di fronte ad un’opera decostruita e ri-assemblata, composta da 21 dialoghi più uno conclusivo, affidati ciascuno ad un personaggio della grande epopea omerica.
La narrazione è da un lato spezzettata, dall’altro contenuta in un più grande affresco umano. Ciascun personaggio rivive la stessa storia lasciandosene attraversare e restituendone un quadro tutto personale. Una narrazione tutta “in soggettiva”. Con le parole dell’autore, “[…] una fluviale narrazione che di volta in volta assume la faccia, la bellezza, la voce, il colore sentimentale di una persona diversa”.

Un storia di soli uomini. L’assenza degli dei, che tanta parte hanno nella versione omerica, si nota subito. E sembra una mutilazione gratuita e ingiustificata, se non fosse evidente la precisa scelta di concentrare il racconto sugli uomini.
Quello che si propone Baricco con questa riscrittura è in fondo una interpretazione odierna della storia, della guerra, degli uomini.
Lo dimostra la scelta di usare un italiano medio, corrente, eliminando ogni terminologia di derivazione classica o con interferenze poetiche.
Lo dimostra anche il saggio sulla guerra che chiude il libro.
Una guerra “bella”, per gli Achei come per Baricco, che ne recupera la dimensione estetica.

Secondo lo scrittore, sin dall’antichità l’uomo è attratto dalla battaglia perché, nell’accecante impeto verso il rischio e la morte, riesce a placare la sua ricerca della bellezza assoluta. Insieme ad Omero, dunque, Baricco invita a scoprire “un’altra bellezza possibile”, che prenda il posto della fatale fascinazione bellica odierna.
A pensarci, però, cosa ci può essere di “bello” nei corpi carni massacrati dalle bombe, nei campi innaffiati col sangue, nelle lacrime di chi la guerra la vive da vittima innocente?


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