La Dda fa i nomi di politici che avrebbero beneficiato del contributo di esponenti mafiosi nelle corse per le Amministrative di Trapani ed Erice. I diretti interessati, che non risultano indagati, smentiscono a MeridioNews ogni coinvolgimento
Scrigno, l’impegno dei clan per gli aspiranti consiglieri La procura: «Voti anche per i Mannina e Manuguerra»
I fratelli Francesco e Pietro Virga, figli del vecchio boss Vincenzo, nonchè Franco Orlando, titolare di un bar e ritenuto uno degli elementi di spicco di Cosa Nostra trapanese, avevano una grande capacità a raccogliere voti. A loro – è questa la tesi della Dda di Palermo – si sarebbero rivolti in molti, anche per le Amministrative del 2017 a Trapani ed Erice. Alla ricerca di consensi elettorali frutto dell’intermediazione della mafia sarebbero stati i consiglieri uscenti Giovanni Maltese, in corsa ad Erice e tra gli arrestati di ieri, e Vito Mannina, che invece aspirava a tornare a sedere tra i banchi del consiglio comunale trapanese.
Quest’ultimo avrebbe chiesto voti anche per la figlia Simona, l’unica poi a essere eletta al consiglio comunale della Vetta. Nonostante padre e figlia non risultino tra gli indagati, a sostenere che il supporto ci sia stato è Pietro Cusenza, appartenente alla famiglia mafiosa parlando in auto con Pietro Virga. «Cioè io quando ho fatto salire la figlia di Vito Mannina – dice Cusenza, senza sapere di essere ascoltato dagli investigatori -. A me sua figlia mi ha abbracciato e si è messa a piangere e mi ha detto: se non era per te io non avevo dove andare». Mannina, inserita nella lista Erice che vogliamo – Toscano sindaco, è stata eletta con 252 voti. Per un periodo, ha anche ricoperto la carica di segretario del circolo ericino dei giovani del Partito Democratico. Suo padre Vito aveva invece raccolto 218 voti, ma il successivo commissariamento del comune di Trapani, ha reso vana la sua elezione. «Non ho mai chiesto aiuto a questi soggetti – dichiara la consigliera Mannina a MeridioNews -. Se mi sono recata a Lo Scrigno (bar, ndr) è stato soltanto per lasciare qualche santino».
Anche Luigi ed Alessandro Manuguerra, padre e figlio, avrebbero avuto incontri, sino all’aprile del 2017, con Franco Orlando, per pianificare la loro campagna elettorale. Anche in questo caso i beneficiari non risultano tra gli indagati. Tuttavia gli incontri sarebbero avvenuti sempre all’interno del bar Efris di proprietà di Orlando, ritenuto dagli investigatori l’anello di congiunzione tra la mafia e la politica. Di lui ha anche parlato il collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, cugino del boss latitante Matteo Messina Denaro, dipingendo «quello del bar» come quello «che comanda a Trapani». Di Orlando, nel corso del processo per l’omicidio di Mauro Rostagno, ha parlato anche il pentito Francesco Milazzo che ha affiancato il nome di Franco Orlando a quello del noto killer di Cosa nostra Vito Mazzara, accusato – e poi assolto in appello – di aver ucciso il giornalista e sociologo. Orlando in passato fu accusato dell’omicidio dell’agente di polizia penitenziaria Giuseppe Montalto e del delitto Monteleone del dicembre ’85. Venne assolto da quell’accusa, ma un anno più tardi condannato per mafia. Tra un caffè e l’altro – secondo quanto emerge dalle indagini – i Manuguerra, e in particolare il padre, avrebbero chiesto un aiuto a Orlando per stringere accordi ed alleanze con altri candidati. «Ma tu che sei un grande organizzatore – afferma Manuguerra parlando con Orlando – che dici… Diego (grande elettore della zona di San Giuliano, ndr) c’è la possibilità che passa con noi fra quindici giorni? O vince… la natura testarda dell’uomo o è l’influenza esterna che ci sono».
A riguardo Manuguerra nega di avere cercato il supporto di Orlando. «Frequentavo il bar – dichiara a MeridioNews – solo per acquisire informazioni su Diego Pipitone, uno dei grandi elettori del quartiere San Giuliano. Soggetto che ho anche denunciato diverse volte alla Digos. Ho pagato per i miei errori passati (condanna per voto di scambio, ndr) e dal 2016 ho intrapreso un rapporto di collaborazione con le forze dell’ordine. Orlando non ha mai avuto un buon rapporto con me. Mi chiamava sbirro e in diverse occasioni mi ha anche minacciato. Per quanto riguarda mio figlio, è totalmente estraneo alla vicenda».
Per l’ex consigliere comunale di Erice, Giovanni Maltese, invece i magistrati hanno chiesto e ottenuto la misura cautelare. Secondo gli inquirenti, l’ex Psi in più occasione avrebbe incontrato i rampolli della cosca trapanese Pietro e Francesco Virga alla ricerca di voti. Nell’inchiesta è rimasto coinvolto anche un uomo di fiducia dell’ex deputato regionale Paolo Ruggirello. Si tratta di Francesco Todaro che è indagato per «aver aiutato Ruggirello a eludere le investigazioni dell’autorità, curando in prima persona i rapporti diretti con esponenti, anche di vertice, dell’associazione mafiosa trapanese». Per Todaro, il gip ha rigettato la richiesta di misura cautelare in carcere.