Un giro d’usura tra Palermo e Roma che andava avanti almeno dal 2016, con tassi d’interesse sui prestiti che arrivavano anche al 140 per cento all’anno, gestito dai parenti del boss di Porta Nuova Gioacchino Cillari, ergastolano, esecutore materiale dell’omicidio dell’appuntato dei carabinieri Gioacchino Crisafulli. Sono cinque le misure cautelari emesse dal tribunale di Palermo dopo le indagini del Gico della guardia di finanza. Al vertice dell’organizzazione, che non si era fermata neanche durante i periodi più bui dell’emergenza sanitaria, il fratello del boss, Salvatore Cillari, già coinvolto in un giro di scommesse illecite.
Parte dei proventi illeciti sarebbero stati poi autoriciclati dal figlio di Salvatore, Gabriele, finito ai domiciliari, che investiva il denaro nell’osteria L’Acerba, nel cuore del mercato del Capo. In manette anche Matteo Reina, classe ’60 e Giovanni Cannatella, classe ’72, accusati di avere operato a vario titolo come intermediari nel meccanismo finalizzato alla erogazione dei prestiti di denaro, entrando in contatto con le vittime, proponendo piani di rientro, e veicolando messaggi per il rispetto della scadenza delle rate concordate. Divieto di dimora, infine, per Achille Cuccia, 61 anni.
I finanzieri hanno portato alla luce, grazie a intercettazioni, pedinamenti e analisi finanziarie, un sistema ben organizzato, basato su assegni postdatati a garanzia dei prestiti e donazioni in contanti per eludere la tracciabilità dei flussi di denaro, che in pochi anni avrebbe erogato prestiti per 150 mila euro. Un sistema che comprendeva anche le immancabili minacce alle vittime che non saldavano il proprio conto e nelle cui maglie era caduto persino il conduttore radiofonico Marco Baldini, che aveva bussato alla porta dei Cillari in cerca di un prestito tra il 2017 e il 2018.
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